L’architetto ungherese Erno Rubik impiegò qualche bell’anno per inventare il cubo dai tanti colori, strumento didattico per i suoi studenti, diffuso poi come avvincente rompicapo. Ora invece esiste un metodo, utilizzando il quale bastano soltanto venti secondi per risolvere “il problema”.
I seminari più vuoti, le famiglie religiose povere di nuovi ingressi e gli stessi avvisi matrimoniali ridotti nel numero ci raccontano un “problema vocazioni” che non può essere affrontato come il cubo di Rubik, con mosse risolutive e formule numeriche dall’esito sicuro. Sarebbe troppo comodo… Se è vero che ogni vocazione è personale e sempre misteriosa, se essa non consiste solo in “cose da fare” ma nel “modo di vivere”, se non è tanto una scelta da post-Maturità ma un percorso ben più lungo, allora si capisce quanta pazienza ci sia richiesta per invocarla, riconoscerla e accompagnarla. Ci serve in anticipo una sufficiente conoscenza di ogni faccia del rompicapo: il contesto culturale, che non favorisce i progetti di lungo periodo ma incentiva il “vivacchiare” alla giornata; un ambiente digitale che crea facili legami a distanza, ma può anche rinchiudere nell’isolamento del display; una comunità ecclesiale talvolta irrigidita e sfiduciata, quindi sorda all’ascolto dei giovani, dei loro linguaggi e dei loro tempi…
Però ci sono anche altre facce più favorevoli: la forte disponibilità dei ragazzi ad “imprese” di servizio impegnative, anche una tantum, che fanno “scoprire” la bellezza di un’esistenza per gli altri; lo stile di educatori testimoni che sanno raccontare come il Vangelo ha stravolto in meglio la loro vita; o il fascino di giovani coppie – sono apprezzati animatori dei percorsi di educazione all’amore e di preparazione al matrimonio – che fanno sentire il profumo della grazia di Dio nel cammino a due.
Queste facce dovremo cominciare a guardarle una alla volta, e a manovrarle insieme. Non a caso, senza certo pensare a Rubik, lo stesso papa Francesco parla della Chiesa di Gesù Cristo come “meraviglioso poliedro” (Christus Vivit 206-207), che “può attrarre i giovani proprio perché non è un’unità monolitica, ma una rete di svariati doni che lo Spirito riversa incessantemente in essa, rendendola sempre nuova nonostante le sue miserie”.
Sui lati più o meno lisci del poliedro bisogna agire insieme (ecco la dinamica sinodale), perché sono una a servizio dell’altra, danno robustezza al solido. Non deleghiamo troppo agli “addetti ai lavori”; facciamo girare insieme quindi animatori vocazionali e genitori, centri di pastorale giovanile e testimoni efficaci, laici e preti…senza ansie di reclutamento ma con la pazienza del seminatore che prepara il terreno e innaffia il germoglio. La comunità ecclesiale trentina ha investito molto in questi ultimi anni – pensiamo alla veglia mensile vocazionale – sulla preghiera. La Giornata mondiale per le vocazioni di domenica 30 aprile ci esorta a pregare ancora insieme per le vocazioni: non come formula magica (nemmeno Rubik fece un trucco), ma con la consapevolezza che non dipende da noi il tempo e il modo in cui i singoli pezzi andranno al posto giusto, dentro la vita multiforme dei nostri ragazzi. Una preghiera dunque umile e “vissuta”, ma già riconoscente a Colui che non si stanca di “mandare operai”, nel campo consacrato ma anche in quello familiare, professionale, sociale e politico.
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