Non aveva neppure finito di pronunciare quelle due parole – “sostituzione etnica” – che già sui social si rimpallavano sdegno, orrore, preoccupazione… e qualche ironia (facile, ça va sans dire). Le
parole del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Lollobrigida affidate alla platea della Cisal, sindacato particolarmente presente nel pubblico impiego, non possono essere derubricate a infelice uscita. Vi è, dietro, l’idea di un disegno – ma di chi, di grazia? – mirante a cancellare un popolo e la sua identità attraverso l’arrivo di invasori esterni. E buttate come un sasso nello stagno di un dibattito pubblico già agitato dalla discussione intorno al cosiddetto “decreto Cutro” (il Disegno di legge 591/2023 di conversione del Decreto Legge 20/2023, perché le cose vanno chiamate col loro nome), la risposta, ancora una volta emergenziale, del governo Meloni a un fenomeno che emergenza non è, vuoi per i numeri, vuoi perché rappresenta piuttosto una stabile tendenza globale. “La vera emergenza è Lampedusa perché da mesi è sovraccaricata. Sono 40 anni che dobbiamo uscire dalla logica emergenziale, chiediamoci perché ci piace o ci costringiamo a stare nell’emergenza”, ha osservato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei presentando nei giorni scorsi il Rapporto annuale 2023 del Centro Astalli. La gente si muove, non conosce confini di fronte alla morte per guerra o per fame. Ieri era la Rotta balcanica, ben raccontata dal documentario “Trieste è bella di notte” proiettato alla comunità universitaria di Trento e a un pubblico più ampio a Rovereto nel doppio appuntamento di mercoledì 19 aprile, presente il regista Stefano Collizzolli (vedi pag. 7). Oggi è, ancora, il Mediterraneo. Domani, chissà.
Sacrosanto, giusto, doveroso il dissenso del Tavolo Asilo e Immigrazione, che insieme a decine di altre organizzazioni e reti impegnate nella promozione dei diritti di rifugiati e migranti ha promosso martedì 18 a Roma una manifestazione, in concomitanza con il passaggio in aula del “decreto Cutro”, per denunciare come quel provvedimento, in realtà, lungi dall’affrontare “le vere cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone”, preveda, al contrario, “condizioni peggiorative della condizione giuridica degli stranieri che arrivano in Italia, con il sicuro effetto di aumentare situazioni di irregolarità ed esclusione anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale”. Smantellare la protezione speciale a tutela della vita privata e familiare dello straniero, potenziare la rete dei Centri per il Rimpatrio, ostacolare il diritto al ricorso dei richiedenti asilo che ottengono un diniego ha poco a che vedere col contrasto al traffico di esseri umani, si contesta, ma è sicuro invece che renderà più difficile il soggiorno regolare e la positiva integrazione delle persone migranti, contribuendo invece alla loro criminalizzazione. Sulla stessa lunghezza d’onda le Acli nazionali (decreto “anacronistico e ingiusto“ che caccia “dentro l’anonimato dell’irregolarità” persone in fuga da situazioni disperate). Anche la Comunità di Sant’Egidio e la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), che al fenomeno migratorio hanno risposto con gli ormai collaudati corridoi umanitari, esprimono preoccupazione invitando a riconsiderare gli effetti che avrebbe una restrizione della “protezione speciale”, praticata, in forme diverse tra loro, da numerosi altri Paesi dell’Unione europea (ha sentito, presidente Meloni?). Il futuro va costruito con i migranti e i rifugiati: l’orizzonte a cui invita a tendere papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (GMMR) del 2022.
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