Può sembrare poco credibile parlare di affanno per un governo come quello attuale che ha una opposizione parlamentare divisa e scarsamente incisiva, che continua ad andare bene nei sondaggi, che a parte qualche scivolone tipo le comunali a Udine raccoglie successi nelle competizioni elettorali amministrative. Eppure se si guardano le cose da vicino si percepisce che il governo Meloni sta perdendo la sua spinta propulsiva.
Sino ad oggi non è riuscito a presentare alcun provvedimento che sia realmente incisivo nella direzione di un mutamento delle tradizionali “magagne” di questo paese. È emblematica la vicenda del PNRR. Di fronte al tema centrale che è la poco brillante situazione dei centri di decisione pubblica, statali e locali, l’intervento governativo è stato al massimo quello di prevedere “eccezioni” alle regole della burocrazia, cioè di ricorrere al solito sistema delle toppe per chiudere i buchi. Sul fronte della sanità non si vedono misure che riescano a rilanciare un settore chiave: la pandemia ha lasciato buchi drammatici nei conti delle regioni e il governo non solo non è in grado di rimediare, ma non riesce neppure a mettere mano allo studio di un provvedimento di riordino del sistema.
Qui è facile dare un esempio su quanto sta accadendo. Grazie ai soldi del PNRR ci sarebbero le risorse per ricostruire quella famosa sanità territoriale che non funziona. L’invenzione è quella di specie di “case della salute” che sono un po’ più di un poliambulatorio e meno di un ospedale periferico: delle reti che potrebbero coprire i territori, sgravare gli ospedali dalla piccola assistenza, dare un servizio permanente h 24 e 7 giorni su 7. Bene, i soldi per costruirli possono esserci, ma poi gli enti locali non hanno le risorse per pagare il personale necessario e le spese di gestione. A questo punto cosa succederà è un mistero e per il momento non si fa quasi nulla.
Ci siamo soffermati su questo punto, perché era abbastanza facile da illustrare e toccava un tema che sentono tutti i cittadini, ma il quadro è replicabile per esempio per la scuola, dalle primarie fino a quelle di secondo grado. Il ministro si è baloccato su questioncelle di bandiera, poi negli ultimi tempi si è chiuso nel silenzio e non se ne sa nulla. Parlare di come l’esecutivo affronta il problema dei flussi migratori è come sparare sulla Croce Rossa. Grandi intemerate sulla necessità di contenere gli sbarchi, lamentele di rito, per quanto non infondate sulla UE insensibile, vaghi progetti di accordi con qualche stato di provenienza dell’immigrazione clandestina. Il molto reclamizzato “piano Mattei” non si sa bene cosa sia e con che risorse potremo finanziarlo, perché di questo poi alla fine si tratta.
Certamente, come si diceva in apertura, le critiche dell’opposizione sono geremiadi che ripetono i mantra alla moda nelle sue diverse tribù, non dei contropiani credibili e fondati. Questo fa fare sonni tranquilli alla maggioranza, che però non si rende conto che non le basterà questa mancanza di concorrenza immediata per continuare a godere del favore dell’opinione pubblica. Se infatti è vero che per un certo tempo non ci saranno elezioni nazionali e che quelle regionali e comunali incidono fino ad un certo punto (peraltro più di quanto si immagini), lo è altrettanto che poi la gente si disamora e questo spingerà ad un incremento dell’astensionismo, il che non si sa mai chi favorisca. Infatti quando a giocarsi la partita nelle urne rimangono più che altro i fanatici dei vari schieramenti, si ha come risultato un incremento dei radicalismi e ciò rende sempre più difficile promuovere iniziative incisive.
Chi guarda un po’ più da vicino la situazione attuale percepisce una politica che è impegnata più che altro a promuovere occupazione del sottopotere. Se è vero che per i vertici delle grandi industrie pubbliche Meloni è riuscita ad imporre scelte di livello, costringendo a scendere su quel piano anche gli alleati che reclamavano la loro parte, temiamo stia diventando altrettanto vero che su una serie di nomine di minore impatto e soprattutto di minore visibilità siamo sulla via del ritorno ai vecchi schemi della distribuzione partigiana.
Girano voci abbastanza preoccupanti su quel che si sta muovendo in RAI e si sa bene che quello è un ottimo osservatorio per cogliere alcune tendenze della politica (e sulla politica dei governi locali siamo messi forse peggio). L’esecutivo deve trovare il modo per intervenire con serietà sui nodi importanti del nostro sistema, lasciando da parte tutte le partigianerie che piacciono ai suoi non pochi pasdaran. Sarà un modo per costringere l’opposizione ad uscire dal suo rifugio nel movimentismo demagogico e perché così si possa tornare ad una politica che si occupa di governare i problemi del nostro presente e quelli di un futuro che ci viene incontro a passi molto rapidi.
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