Il vescovo Lauro per la Giornata del Malato: “Ammalati e operatori sanitari scrivono il Regno di Dio”

“Dentro queste mura va in onda tutti i giorni l’umano di Gesù. Anche quando il fisico viene minato in modo importante, ci sono ammalati e operatori sanitari che regalano perdono, sguardi carichi di amore, offrono mani ricche di vita. E così scrivono ogni giorno il regno di Dio”. Le parole dell’arcivescovo Lauro Tisi risuonano, ben più di una consolazione, nella chiesa dell’ospedale Santa Chiara di Trento, durante la Messa in occasione della XXXI Giornata Mondiale del Malato, nel pomeriggio di sabato 11 febbraio. L’ultima celebrazione in tale occasione era avvenuta prima dell’inizio dell’emergenza Covid, tre anni fa.

Poco prima di giungere al S. Chiara, monsignor Tisi ha incontrato degenti, familiari e operatori dell’Hospice Cima Verde di Trento. “In quel luogo, per l’ennesima volta, – ammette don Lauro nell’omelia – ho respirato qualcosa di enorme, che nulla ha a che vedere con il concetto di fragile a cui associamo l’umano”. “L’umano di Gesù – aggiunge Tisi – è fatto di promozione dell’altro, del porgere l’altra guancia, si realizza quando la parola è tutt’uno con la persona”. Quindi un riferimento al dramma del Covid: “In questi ultimi tre anni il personale sanitario ha scritto un inno all’umano impressionate. Oggi leggiamo il Vangelo con gli occhi degli ammalati e degli operatori sanitari”.

“Questa vostra pagina – dice ancora l’Arcivescovo –  non finisce sui social e non va in video, dove prevale la violenza. Per fortuna in mezzo al mare di morte narrato dai media, nel reale c’è il regno di Dio che va avanti. Il Signore siede anche sul respiro pesante, accanto ai sofferenti e agli afflitti e ad essi regala la forza di non abdicare all’amore e di tirare fuori il meglio di sé: lacrima e abbraccio”.

Terminata l’omelia l’Arcivescovo ha conferito l’unzione degli infermi a molti dei presenti. La Messa è stata animato dal coro degli operatori sanitari e concelebrata dai cappellani ospedalieri padre Davide Negrini, fra Ezio Tavernini e don Franco Torresani.

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