In piazza Pasi, questa sera, c’è stato un minuto di silenzio per ricordare Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, scomparso a Il Cairo esattamente sette anni fa, il 25 gennaio 2016.
Il presidio è stato organizzato da Amnesty International. L’idea è partita da Fiumicello, in Friuli Venezia Giulia, la città di Giulio.
A Trento l’iniziativa è stata accolta dagli attivisti locali di Amnesty, che questa sera, oltre a ripercorrere la vicenda di Regeni e gli ultimi risvolti giudiziari e politici relativi al suo omicidio, hanno letto anche degli stralci del libro “Giulio fa cose”, scritto dal padre e dalla madre, Claudio Regeni e Paola Deffendi.
“Se siamo qui è perché a distanza di sette anni non ci dimentichiamo di Giulio. Siamo qua per chiedere giustizia. Ringraziamo l’amministrazione comunale di Trento, che ha sempre supportato questa causa”, ha detto Edoardo Giudice, vice-responsabile di Amnesty International Trento, che ha ricordato anche Patrick Zaki. “Zaki è ancora sotto processo, anche se non è in carcere, e a febbraio ci sarà un’altra udienza in cui è possibile che venga condannato. È un’altra situazione che Amnesty International monitora e che mostra come l’Egitto ignori i diritti umani“.
LA CAMPAGNA DI AMNESTY INTERNATIONAL
“Verità per Giulio Regeni” ha fatto il giro del mondo: Amnesty International ha lanciato una campagna per non permettere che l’omicidio del giovane ricercatore italiano finisca per essere dimenticato, per essere catalogato tra le tante “inchieste in corso” o peggio, per essere relegato nel passato accettando la “versione ufficiale” del governo del Cairo. “Dev’essere respinto qualsiasi esito diverso da una verità accertata e riconosciuta in modo indipendente – argomenta l’associazione che si occupa di diritti umani violati in tutto il mondo -, da raggiungere anche col prezioso contributo delle donne e degli uomini che in Egitto provano ancora a occuparsi di diritti umani, nonostante la forte repressione cui sono sottoposti”.
Quello che è accaduto a Giulio Regeni non è un fatto isolato. In Egitto, l’Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa) si rende responsabile di rapimenti, torture e sparizioni forzate sistematiche, nel tentativo di incutere paura agli oppositori e spazzare via il dissenso pacifico. “Lo avevamo denunciato – aggiunge Amnesty International – in un drammatico rapporto uscito già a luglio 2016, mettendo in luce la scia senza precedenti di sparizioni forzate susseguitesi dai primi mesi del 2015. In questi anni centinaia di studenti, attivisti politici e manifestanti, compresi minorenni, sono scomparsi nelle mani dello Stato senza lasciare traccia”.
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