In una sola giornata abbiamo raccolto tre notizie che “spingono” il nostro impegno di cittadini e di credenti nella transizione ecologica: le misure governative che confermano la speculazione sui prezzi dei carburanti in tempi di crisi energetica; il Rapporto dell’Agenzia provinciale per l’Ambiente che anticipa gravi effetti sul nostro clima; la parziale riduzione del buco dell’ozono che, secondo gli scienziati ONU, incoraggia a perseguire l’abbandono dei combustibili fossili. Le Comunità energetiche rappresentano un’ulteriore scossa culturale che i Trentini devono favorire.
Le conseguenze mondiali di questa guerra “sacrilega” ci hanno costretto a fare “i conti con la bolletta” – come titolavamo già nove mesi fa – ma ci hanno portato a importare da altre esperienze europee il lancio sul territorio delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer). Una formula apparentemente semplice, non utopistica – un gruppo di soggetti (imprese, amministrazioni locali, enti del terzo settore e singoli cittadini) si associa e crea una rete locale di impianti che generano e condividono l’energia prodotta da fonti rinnovabili – fortemente incentivata anche con un fondo di 2,2 miliardi dal PNRR.
Nel richiedere i decreti attuativi che consentiranno il moltiplicarsi delle Cer (se ne prevedono 40 mila in tutt’Italia), l’economista Leonardo Becchetti ha evidenziato che “esse rappresentano un modello di produzione diffusa e partecipata di energia nel quale i cittadini superano lo steccato dell’essere solo consumatori, soggetti ai capricci delle bollette, ma diventano prosumer (nuovo termine che unisce l’idea di produttore con quella di consumatore, ndr) e godono potenzialmente di una parte dei benefici dei produttori”.
In questo senso le Cer rappresentano anche strumenti preziosi sul piano culturale per far comprendere la necessità di nuovi stili di vita all’insegna del risparmio condiviso (di ambiente e di energia): potranno diventare anche laboratori in cui le giovani generazioni imparano a fare i conti con le risorse a disposizione. Che non sono illimitate. Ma la formula partecipata e inclusiva di queste Comunità le “obbligherà” anche ad impegnarsi per favorire categorie più deboli o progetti di protezione sociale, ai quali destinare in anticipo una parte dei proventi ottenuti da questo investimento virtuoso.
Ci vorremmo vedere un’opportunità da non perdere, tanto più nel nostro Trentino: per l’Autonomia, per la cooperazione, per la Chiesa. Promuovendo e accompagnando Comunità efficaci ed efficienti il nostro territorio può dimostrare che – a parità di risorse di partenza – è in grado di rivitalizzare e far valere quelle capacità di solidarietà e autogoverno che hanno segnato nei secoli la nostra storia.
E per il movimento cooperativo non si tratta che riandare – con gli aggiustamenti richiesti da normative fiscali nazionali ed europee – a quello spirito imprenditoriale e solidaristico che aveva portato i pionieri della cooperazione a inventarsi i primi consorzi elettrici. Per le comunità ecclesiali (anche la denominazione, guarda caso, è simile) prendersi a cuore questa fase d’avvio e di sperimentazione delle Cer è un’occasione concreta per misurarsi con la “conversione ecologica” richiesta dalla Laudato si’ e confrontarsi con la scelta evangelica dei poveri.
In ambito diocesano potranno nascere all’interno delle nuove realtà appena costituite (il Consiglio per le Questioni Ecologiche e la Rete Diocesana per la Custodia del Creato) dei luoghi di approfondimento di questa formula, di supporto tecnico ma anche di discernimento. In un lavoro di rete con tutte le realtà sul territorio non è esagerato pensare che Consigli pastorali, singoli gruppi o associazioni potranno portare stimoli nuovi, con fantasia e progettualità evangelica. Non a caso nei fumetti una nuova idea viene rappresentata con il simbolo di una lampadina ben accesa.
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