“Prof, ma anche oggi parlate della bussola? Casomai posso restare, visto che sto pensando anche a che scuola scegliere?”
“Ah sì – rispondo io – la bussola, come orientarsi nella vita?” E sorrido: “Per me puoi rimanere!”
Ogni tanto mi capita che qualche ragazzo/a che non si avvale dell’Insegnamento della Religione Cattolica esca con una frase del genere, perché da qualche compagno ha sentito che l’ora di religione è bella: si dialoga, ci si confronta e non importa di che religione sei. Il nostro quaderno non è neppure un quaderno, ma un “diario di viaggio” che ci accompagna in un percorso di crescita culturale e personale.
Spesso scriviamo dei titoli, poche parole, grandi, colorate, che diventano parole chiave: aprono infatti porte del cuore e della mente! Questo del mio lavoro mi appassiona moltissimo: offrire spunti di riflessione, chiavi di lettura, profondità e significato.
Ci prendiamo del tempo per accorgerci che parole come “dialogo, confronto, pace, rispetto, cultura, valori, bellezza, coscienza, religione, libertà” meritano la nostra attenzione.
Allora ripenso con gioia a quella bussola che ho chiesto di disegnare ai miei ragazzi di terza media e a come hanno preso sul serio tutto questo lavoro.
“Prof, ma la bussola ti indica il Nord! Non ho capito cosa dobbiamo fare?” Così mi ritrovo a leggere con loro queste parole del medico e scrittore indiano D. Chopra -condivise da una cara collega- dove si dice che sarebbe bello se l’universo ci fornisse una bussola gigantesca che indica la direzione da prendere, che per trovarla dobbiamo solo guardare nel profondo del nostro essere e scoprire il desiderio più puro della nostra anima, il suo sogno per la nostra vita.
Confusione, chiasso, chiamiamola pure vitalità; che quasi sempre si trasforma in silenzio e ascolto: anima, desideri, sogni! Acqua che disseta! E poi la parte per me più entusiasmante: le domande, suscitare domande.
Primo obiettivo raggiunto: farsi domande sulla vita, non lasciare che l’esistenza ci scivoli addosso!
Riconoscere che “non si vive di solo pane”, ma che ad esempio la scelta dei compagni con cui condividere la propria vita (mangiare insieme il pane, cum -panis) è importante, che ascoltare i propri desideri e inseguire i propri sogni ha un valore immenso.
Quanta ricchezza si gioca in questi cinquanta minuti a settimana!
Nelle prime poi i ragazzini rimangono dispiaciuti quando scoprono che la “partita” non si può giocare in due ore come alla primaria!
“Allora hai capito adesso come puoi disegnare la tua bussola?” “Sì prof, ho deciso che al posto del Nord metto il nome delle persone più care e il mio sogno più grande“. Un altro aggiunge: “Posso mettere che voglio diventare ricco?” E tutti scoppiano a ridere… “Ma certo, te lo auguro con tutto il cuore…”
Poi ti capita di incontrare in aula insegnanti quella collega con cui fin da subito si è creata una sintonia e che ci tiene a precisarti che non è credente, ma che la religione a scuola fatta così come le hanno raccontato i ragazzi è un momento che sarebbe utile proprio a tutti, anche ai ragazzi di altre religioni, anche ai non credenti.
Da qualche anno mentre faccio lezione ho deciso di lasciare sempre la porta aperta, un po’ per quella che è diventata una mia fissa: aprire porte, aprire orizzonti, aprirsi agli altri, ma anche per dichiarare con questo gesto il mio desiderio che l’ora di IRC possa essere davvero un’ora a cui tutti possano partecipare.
Tante volte, di fronte alle molte provocazioni che arrivano, mi chiedo quale sia il mio compito più vero e cosa possa dare credibilità a questo insegnamento che oltre ad essere facoltativo non ha dalla sua parte nemmeno i numeri degli iscritti in questo momento storico.
Porto nel cuore le parole di un mio professore presso la Facoltà di Scienze Religiose, o meglio di un mio maestro, di uno che ha lasciato quel segno indelebile a cui guardo con molta riconoscenza: ”Essere una persona di speranza, che consegna futuro e cammino a sé e ai ragazzi che incontra…” in questo tempo che, come direbbe l’autrice e professoressa di psicologia dello sviluppo Daniela Lucangeli, è il tempo del Noi.
In fondo il mio lavoro mi richiama ogni giorno ad essere esattamente quello che desidero: una persona credibile e ricca di una Presenza che non ti fa sentire mai solo, perché essere cristiani per me è proprio questo.
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