“Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. Mt 2,10-11
Venerdì 6 gennaio 2023 – Epifania – Anno C
Is 60,1-6; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
Nei vangeli letti nella notte di Natale e alla Messa dell’Aurora erano in scena i personaggi del presepe che ci vengono proposti dall’evangelista Luca: al centro il bambino Gesù nella mangiatoia con accanto Maria e Giuseppe, poi gli angeli che annunciano la nascita del Salvatore e cantano la gloria di Dio e i pastori che accorrono per adorare il bambino. Nel vangelo dell’Epifania al centro del presepe sono ancora Gesù con Maria e Giuseppe ma vengono introdotti questi nuovi personaggi, i Magi venuti dall’Oriente, e la stella che li guida. Sullo sfondo le tenebre della notte e del cuore di Erode.
Il racconto dell’Epifania non è ovviamente la cronaca di quanto avvenne, ma è la rilettura teologica, espressa in forma narrativa, di quanto avvenne quando alcuni magi vennero dall’Oriente alla ricerca di un re che doveva essere nato in Giudea perché così loro avevano letto interpretando le congiunzioni degli astri in cielo. Chi erano i magi? Erano probabilmente dei sapienti e dei sacerdoti di antichi culti di origine persiana o orientale. Infatti, nell’antichità venivano rappresentati col cosiddetto cappello frigio, che è un berretto dalla punta rivolta in avanti. Ne è prova il fatto che quando i Persiani invasero la Terra Santa nel 614, distruggendo chiese e monasteri, lasciarono intatta la basilica della Natività a Betlemme, sulla cui facciata un mosaico policromo raffigurava l’adorazione dei Magi: “perché videro gente vestita come loro” (Geiger, Terra Santa, 706/1021).
Lungo i secoli questi sapienti alla ricerca della verità si caricarono di sempre ulteriori significati. Rileggendo l’episodio della loro venuta a Betlemme alla luce del testo di Isaia 60 proposto come prima lettura e alla luce del Salmo 71 la tradizione fece pian piano sparire dalle loro teste il cappello frigio e lo sostituì con la corona regale. Poi, dato che i doni menzionati nel vangelo sono tre, divennero tre anche i magi. Infine, la fantasia popolare aggiunse altre due caratteristiche: i tre avrebbero avuto tratti somatici europei, asiatici e africani, e sarebbero stati uno giovane, uno adulto e uno anziano. I magi diventano perciò il simbolo dell’umanità di ogni continente, di ogni età e di ogni cultura, alla ricerca di quel bambino che è nato a Betlemme per illuminare e salvare l’umanità intera.
Non dobbiamo però dimenticare che per raggiungere Betlemme e poter gioire nel trovare il bambino e nell’adorarlo, i magi hanno bisogno di un duplice aiuto: la stella e le profezie. Hanno bisogno di seguire fino in fondo il loro desiderio di ricerca e conoscenza ma hanno bisogno ancor di più di fidarsi di quella parola rivelata che indica loro dove andare: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”» (Mt 2,5-6).
Mettiamoci in cammino anche noi, assieme all’umanità intera, per poterci tutti assieme inginocchiare davanti al bambino Gesù e poter insieme gioire di averlo finalmente trovato.
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