«I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia». (Lc 2,16)
Domenica 1° gennaio 2023 – Madre di Dio – Anno C
Nm 6,22-27; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
Anche ai nostri giorni possiamo incontrare qualche divulgatore, magari anche molto seguito, che, con non poca superficialità, liquida l’esistenza di Gesù affermando che si tratterebbe di un mito inventato e diffuso nel primo secolo della nostra era. A fasi alterne qualcuno è disturbato dal fatto che Dio si possa fare uomo oppure che l’uomo Gesù sia realmente Dio.
Negli anni tra il 55 ed il 58 d.C. l’apostolo Paolo scrive la sua lettera più infuocata e meno diplomatica, la “Lettera ai Galati”, per ricordare ai cristiani delle comunità della Galazia, che la salvezza ci viene donata solo per mezzo della fede in Gesù Cristo. È all’interno di questo scritto che troviamo il più antico accenno a Maria ed al suo ruolo storico nella nostra salvezza. Con una frase lapidaria ed oltremodo efficace Paolo afferma: «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (cfr Gal 4,4). Il nome di Maria non è richiamato in questo breve passo ma vi è contenuta forse l’espressione più chiara ed esplicita della sua divina maternità. Maria viene citata semplicemente come “donna”, quasi per tornare agli inizi della creazione quando la stessa Eva viene chiamata semplicemente “donna” (cfr. Gn 2,23). Quando nella pienezza del tempo Dio manda il suo Figlio, Maria diventa la nuova Eva e da lei nasce un’umanità nuova, alla quale anche noi siamo chiamati ad appartenere.
Va poi notato e sottolineato che, per l’apostolo Paolo, affermare che Maria è la Madre di Dio non significa in primo luogo attribuirle un onore, significa piuttosto constatare che il Figlio di Dio si è realmente fatto Figlio dell’uomo. Negare che Maria è la Madre di Dio significa al tempo stesso negare l’incarnazione di Cristo. Ma a questo punto non ha più senso alcuno la nostra fede, perché sarebbe la fede in un colossale inganno, in un mito proposto a creduloni e ingenui. Solo se riconosciamo che Gesù Cristo è nato da una donna “in carne ed ossa” (Gn 2,23) possiamo accogliere per fede il suo Vangelo e diventare noi stessi figli di Dio, parte dell’umanità nuova che inizia con la nascita nella carne del Figlio di Dio: «E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,6).
È grazie alla disponibilità di questa donna concreta che si chiama Maria che la benedizione di Dio (prima lettura) ha potuto scendere abbondante su di noi. Proprio perché Maria ha saputo accogliere, generare, custodire, porgere, annunciare e seguire il Figlio di Dio (cfr. Vangelo) anche noi possiamo gridare a Dio: «Abbà, Padre!» e rifugiarci sotto la protezione di colei alla quale Dante ha cantato al termine della “Divina Commedia”: «Figlia del tuo Figlio, tu sei colei che l’umana natura nobilitò sì che il suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura»; e poco dopo: «Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali».
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