Addio a don Bepi Grosselli, prete con lo zaino

Don Grosselli nel 2016 alla presentazione del suo libro (foto Gianni Zotta)

A pochi giorni dal Natale e dal suo 96° compleanno (il 27 dicembre) è spirato in questa domenica (per lui sempre “giorno del Signore”),  don Giuseppe Grosselli, uno dei protagonisti della Chiesa trentina nel post Concilio. Ci ha lasciato nella comunità della Casa del Clero, nel clima del presepio – una tradizione a cui aveva dedicato anche un libro con Vita Trentina – , assieme ai confratelli con cui negli ultimi anni aveva condiviso tanti momenti di preghiera e la fatica della malattia.

Prima formatore in seminario, quindi leader della pastorale del lavoro e poi del turismo, assistente delle ACLI, appassionato di musica sacra e di canto popolare, maestro di coro e compositore,  parroco e giornalista,  amante della montagna e “prete con lo zaino”, don Grosselli è stato esemplarmente “una vita trentina”, come s’intitolava il libro uscito nel 2016, in occasione del suo novantesimo compleanno . Aveva accettato di ripercorrere la sua vita per l’editrice Vita Trentina, sollecitato dalle domande di Roberta Giampiccolo e ha presentato quel testo a palazzo Geremia in occasione del novantesimo di Vita Trentina in una serata piacevole e gioiosa, come sempre erano gli incontri con lui.

Si raccontava ancora dodicenne, timido e balbuziente, partito per gli studi seminaristi dalla natia Calavino dove sempre volentieri tornava.  “È proprio vero che per fare un prete ci vuole un villaggio; se lo sono è sì merito della chiamata del Signore e del sostegno della mia famiglia – aveva detto in una serata per la presentazione del libro –  ma non senza Calavino”.  Il suo tarlo interiore – confessò  -è sempre stato  “tegnir ensema la zent”  o, meglio dirà, “l’ottava opera di misericordia spirituale”. Potendo, vi inseriva il bel canto perché “far cantare la gente” restituisce qualità alla vita e, ricorda Sant’Agostino, “Dio abita nella casa di chi canta”.  Don Grosselli ha fondato e diretto almeno cinque cori, ha armonizzato brani diventato famosi, ha scritto saggi sul canto popolare e sui canti del lavoro.

Era sacerdote dal 1950:  assistente  delle Acli trentine,  avviò insieme al vescovo Gottardi la pastorale del lavoro e del sociale, fu poi  delegato vescovile per il turismo e il tempo libero, interprete di una Chiesa che tesse una comunità di persone in dialogo con tutti, parroco a Montevaccino per 17 anni e collaboratore nella pastorale sulla collina di Trento.

A chi gli chiese un giorno come volva essere ricordato rispose: “Semplicemente come un prete che credeva in Gesù Cristo e che credeva nell’uomo. Se c’è Cristo, il resto viene da se”.

Nel prossimo numero di Vita Trentina un ampio ricordo di questo prete che è stato fra l’altro molto vicino con interventi e consigli al settimanale e alla comunicazione diocesana.  Si è addormentato nelle braccio del Suo Signore al quale canterà in eterno la sua lode.

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