I Mondiali in Qatar? Il calcio di tutti fa sempre un gol in più

Lo stadio Al Bayt

Sì, lo ammetto, anch’io alla fine ho pecc… ehm, guardato. Una sbirciatina distratta. Ma ho guardato. Partita inaugurale di Qatar 2022 già iniziata e come sempre quei ventidue in campo stavano facendo quello che fanno tutti i giorni della loro vita, far correre il pallone e provare a fare un gol in più degli altri. Lo stadio spaziale, le tribune coloratissime, il gioco mediocre. Ho spento prima che fosse troppo tardi, prima di restare ipnotizzato.

Via dal divano, questo mondiale non s’ha da guardare, lo dicono tutti. Due passi, fino al parco, ancora un po’ di luce, per fortuna, perché anche lì c’è qualcosa da guardare. Sette-otto ragazzini, sudaticci, i pantaloni macchiati d’erba. Quattro maglioni per terra, una porta è più piccola, il portiere avrà imbrogliato. Succede sempre. Lo facevo anch’io, lo facevano tutti.

Guardo, e non più distrattamente: il biondino avrà due anni in meno degli altri ma non molla un centimetro, quello con la tuta rossa ne dribbla due e potrebbe fare gol, ma preferisce servire l’amico che insacca facile. Cioè, insacca… Ha calciato così forte che impiega 40 secondi per andare a recuperare la palla, ma l’importante era fare gol, farne uno, due, cinque, dieci più degli altri.

Tanto poi quando è ora di tornare a casa c’è sempre uno di quelli che stanno perdendo che se ne viene fuori con “chi fa questo vince”.

Qui, ora, al parco, all’imbrunire di una fresca giornata autunnale, il calcio rinasce. E rinascerà domani sul campetto di un oratorio (aperto, magari!), dopodomani nel cortile di un condominio o su un prato, dovunque due alberi siano stati piantati a distanza “giusta” e siano abbastanza grossi da sopportare una pallonata.

Rinascere, forse, non è però il termine corretto. Perché in Qatar il calcio mica è morto. Scommettiamo che anche questo Mondiale che non s’ha da guardare finirà come tutti gli altri, con una coppa d’oro alzata al cielo? Quella mostrataci dai mondiali nel deserto, come in diverse precedenti edizioni, è semplicemente la faccia brutta del calcio moderno. Bruttissima nel caso di una manifestazione, questa, offuscata dal mancato rispetto dei diritti umani e macchiata dal sangue delle migliaia di lavoratori morti – 6.500 secondo un’inchiesta del quotidiano britannico Guardian – durante la costruzione degli impianti che la ospitano.

Qatar2022 si sarebbe potuto evitare? Forse. Che noi accendiamo o meno il televisore, a chi lo organizza importerà pochissimo, ma cosa sarebbe invece un mondiale senza il Brasile, l’Argentina, l’Inghilterra e la Germania? Senza la Spagna o la Francia? Senza Messi e Neymar, senza Kane, Mbappé e Cristiano Ronaldo? Loro che in questi giorni si sfidano sui biliardi verdi dentro magnifiche cattedrali costruite in condizioni inumane, si sono forse dimenticati troppo presto dei campetti e della strada? No, non basta postare ogni tanto su Instagram una partitella tra la polvere per lavarsi la coscienza.

Loro, le stelle, e le loro federazioni potevano dire “no” e non l’hanno fatto, anche se ne avevano tutto il tempo: il Mondiale numero ventidue non è stato assegnato l’altro ieri, ma dodici anni fa. Tranne rari casi – Australia e Danimarca su tutte, giusto ricordare chi ha scelto di esporsi con decisione – le risposte all’“invito” della FIFA di “concentrarsi sul calcio” senza “dare lezioni morali” sono state piuttosto blande.

Ben vengano allora i “calci popolari” alla FIFA (tra le diverse prese di posizione nelle scorse settimane riportavamo in queste pagine quella dei ragazzi di Intrecciante, realtà multietnica iscritta al campionato amatoriale in Trentino) e tutte quelle iniziative nate dal basso, con l’obiettivo di informare su quanto successo per creare ed ampliare il senso critico.

È sempre bene sapere quale faccia del calcio abbiamo davanti (e non parliamo soltanto dei Mondiali…), per poi decidere liberamente se continuare a seguire o boicottare. Se restare davanti alla tv, o andare a fare due passi. Con una certezza. Che la “vera” faccia di questo gioco stupendo, quella che papa Francesco racconta come un “ritorno alle origini” e un “incontro con gli altri”, quella lontana dalla sofisticazione, dall’elitarismo, quella di tutti, ecco, quella, farà sempre un gol in più dell’altra.

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