«Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita»
Lc 21,18 19
DOMENICA 13 NOVEMBRE 2022 – XXXIII TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Mal 3,19-20; 2 Ts 3,7-12; Lc 21,5-19
Questa domenica la Parola di Dio focalizza la nostra attenzione su due grandi temi: quello del giorno del Signore e, di conseguenza, quello dell’attesa di tale giorno.
Il tema del giorno del Signore è introdotto dai profeti dell’Antico Testamento. Prima dell’esilio babilonese i profeti tendono a vederlo soprattutto come un giorno di castigo nei confronti di Israele, solo un “resto” diventa depositario delle promesse di salvezza. Durante l’esilio viene prospettato come un giorno di collera e di tenebra per le nazioni violente, mentre per Israele diventa il giorno della speranza di rinascita.
Dopo l’esilio viene annunciato come giorno della vittoria dei giusti sui peccatori, simbolo della definitiva vittoria di Dio sul male, è in questa prospettiva che si colloca la prima lettura: “Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà fino a non lasciar loro né radice né germoglio” mentre per coloro che si sono mantenuti fedeli a Dio “sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia” (Mal 3,19 20).
Ritroviamo lo stesso tema nei passi apocalittici del Nuovo Testamento e Gesù stesso ne parla, avvertendoci e mettendoci in guardia da interpretazioni banali: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti, infatti, verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!» (Lc 21,8). Anche di fronte a tutta una serie di eventi quali guerre, terremoti, pandemie, crisi economiche e persecuzioni Gesù ci dice: «non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine» (Lc 21,9) e in questo contesto ci suggerisce parole di speranza: «nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (Lc 21,18).
Non dimentichiamo che tra l’ascensione di Gesù al Cielo e il giorno finale del suo ritorno sta il tempo dell’attesa perseverante e operosa, che è anche il tempo della testimonianza e della speranza. Il vangelo e la seconda lettura ci dicono come va vissuto questo tempo. Le difficoltà concrete della storia sono per noi un’occasione per testimoniare la nostra appartenenza a Gesù Cristo: «Metteranno le mani su di voi (…) e vi perseguiteranno a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza» (Lc 21,12-13).
Nel momento della persecuzione l’unione col Cristo diventa poi così profonda che facciamo esperienza di sentire agire in noi la sua stessa sapienza e la sua parola. Un altro aspetto che caratterizza il tempo dell’attesa è quello dell’operosità perseverante. Essa stessa diventa testimonianza. Scrive Paolo ai cristiani di Tessalonica: «Noi non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare» (2 Ts 3,7-9).
Noi stiamo aspettando il ritorno di Gesù, non è un tempo nel quale rimanere oziosi e nemmeno un tempo nel quale esercitarsi in strampalate previsioni sulla fine del mondo. Anche in mezzo a guerre, crisi economiche e pandemie, questo è un tempo nel quale attendere l’incontro con il Signore Gesù con speranza fiduciosa e testimonianza operosa.
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