“Dovremmo parlare molto di più della morte. Perché questo è un tema che caratterizza profondamente le storie delle persone, anche di quelle che vengono nel mio studio o che soccorro quando intervengo nei contesti di emergenza”. A parlare, è la psicoterapeuta e Psicologa dei Popoli operante nel Basso Chiese e a Trento Katia Castellini, che risponde alle nostre domande nei giorni in cui si ricordano i nostri defunti.
E, inevitabilmente, quando il pensiero va a chi non c’è più, possono affiorare quei sentimenti di depressione e ansia che, quando affrontati, possono incrementare la capacità di riconciliarsi con il proprio animo.
Certo, ammette Castellini, le ricorrenze e le condizioni climatiche hanno sicuramente una ricaduta sulla psiche delle persone, che ne siano consapevoli, o meno, anche se non su tutti e con la stessa intensità: “Freddo e buio accorciano la possibilità di stare fuori casa, all’aria aperta, riducendo le occasioni in cui trovare stimoli culturali, amicali o sportivi; molte persone tendono così ad isolarsi maggiormente, ad incupirsi, impigrirsi. In alcune situazioni questo può dare avvio ad una spirale negativa dove l’autoisolamento porta a malessere e il malessere acuisce l’autoisolamento”.
Oltre a ciò, spiega, la ricorrenza dei Morti rappresenta un momento di presa di coscienza di una mancanza. Presa di coscienza che è collettiva, non sentita prettamente dai cristiani, ché anzi, è una delle ricorrenze più significative anche per chi la fede non la sente più o non l’ha mai sentita. “La Messa al cimitero è frequentata anche da molte persone che non professano o non credono proprio alla religione: perché vogliono onorare i propri defunti, vogliono ricordarli anche alla presenza di altri, in un rito collettivo”.
Proprio per questo occorre parlare della morte, perché “parlarne, nel profondo, credo voglia dire dare valore alla vita, quella presente, quella passata, quella futura, nostra e di chi amiamo”, ribadisce Castellini.
Quando ci troviamo di fronte al lutto, aggiunge, riusciamo a capire il nostro vissuto passato e presente: “Per molti è il momento in cui riemergono i fantasmi del passato più o meno recenti. Chi ci ha già fatto i conti vivrà questi ricordi con malinconia, con atteggiamento nostalgico, dove la sofferenza per la mancanza del proprio caro è però accompagnata da una sorta di gratitudine per il tempo vissuto insieme e l’amore vicendevolmente scambiatosi. Chi invece li ha seppelliti senza elaborarne la perdita spesso vive il ricordo con emozioni meno ‘pacifiche’; nei casi più estremi eviterà proprio di ricordare, vivendo come se non ci fosse mai stata quella persona che se ne è andata. Ma negare il ricordo non è mai una buona idea perché porterà inevitabilmente ad avere ripercussioni sul benessere della persona, alla depressione, ai disturbi d’ansia, agli attacchi di panico ed alle tante somatizzazioni che sono il frutto proprio di lutti non risolti”.
A vivere situazioni simili è soprattutto chi è adulto e ha già vissuto la perdita dei propri cari. I ragazzi, invece, chiarisce Castellini, hanno atteggiamenti diversi. Una gran quantità di giovani soffre molto. Alcuni in modo sporadico e in corrispondenza di fatti concreti, come nella normalità delle cose; altri vivono un profondo malessere, che a volte fatica a rimarginarsi. Soprattutto questi ultimi, si confrontano eccome con il concetto di morte, non è raro che dal confronto passino all’azione, togliendosi la vita, o provando a farlo con gesti volti a sfidarla, la morte, per trovare senso, per sentire qualcosa o per farsi sentire.
Senza pensare alle situazioni più estreme: nel post pandemia i dati ci dicono che i suicidi e i problemi di salute mentale gravi non sono fenomeni così rari. “Ci sono ragazzi sereni perché dotati di un ottimismo innato, dove la morte viene vista come una cosa che si può affrontare con la forza d’animo o con la fede; ci sono poi quelli che non si fanno molte domande sulla morte e quando muore qualcuno fanno quel che bisogna fare: le condoglianze, il funerale, aiutare con azioni di supporto se il lutto riguarda persone vicine. Poi ci sono quelli che alla morte ci pensano e ne sono spaventati. Questi potrebbero avere un momento di difficoltà quando dovessero trovarsi a vivere un lutto, ma nella maggior parte delle situazioni, la possibilità di avere una rete famigliare ed amicale, li aiuta a superare la crisi”.
Come infondere quindi speranza nei nostri giovani e nella nostra società? “Credo che la speranza vada vissuta. Siamo testimoni, è il punto di partenza. Bisogna anche lasciare spazio a questi giovani; quando li sentiamo sufficientemente pronti, lasciamoli fare da soli. Crediamo in loro”.
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