In Trentino, denunciano i sindacati Cgil Cisl Uil, sono diverse le segnalazioni di lavoratrici e lavoratori affetti da Covid-19 che denunciano il mancato riconoscimento da parte dell’Inps dell’indennità di malattia in quanto asintomatici.
Le organizzazioni sindacali avevano sollevato la questione all’interno del Comitato Provinciale Inps, sollecitando una risposta chiara a livello statale. “Si tratta di un’interpretazione indebitamente restrittiva – spiegano Manuela Faggioni (Cgil), Michele Bezzi (Cisl) e Walter Alotti (Uil) -. Infatti l’attuale normativa ancora oggi impone l’isolamento ai soggetti contagiati. Il mancato riconoscimento dell’indennità di malattia è perciò un grave danno per le lavoratrici e i lavoratori affetti da Covid-19″.
Per coloro che sono positivi al Covid-19 grava ex lege l’obbligo di non allontanarsi dalla propria abitazione o dimora e di assentarsi dal luogo di lavoro. Fino al 31 dicembre 2021, il periodo trascorso dai lavoratori dipendenti del settore privato in quarantena, con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva era equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento. Questo in virtù dell’articolo 26 del decreto legislativo n. 18 del 2020.
Dal 1° gennaio 2022, però, l’assenza dal lavoro per la quarantena continua a essere imposta dalle leggi per motivi cautelari anche ai lavoratori asintomatici e risultati positivi al Covid-19. Non è però più indennizzata dall’Inps, perché è venuta meno – secondo l’interpretazione fatta valere dall’Istituto – l’espressa equiparazione con la malattia ordinaria.
“Contestiamo la tesi restrittiva dell’Inps – incalzano i sindacalisti – perché basata su una stretta adesione alla previsione letterale della norma, senza considerare, inoltre, la giurisprudenza che in questi anni si è consolidata su questo tema. La posizione dell’Inps è fondata sulla nozione di malattia indebitamente restrittiva, che da tempo è stata superata dalla giurisprudenza di legittimità”.
La Corte Cassazione, con varie pronunce risalenti agli anni ’80, ben compendiate dalla sentenza n. 7767 del 1987, ha ridisegnato il confine della malattia indennizzabile in riferimento alla effettiva incidenza della situazione prevista dalla legge sulle mansioni normalmente svolte dal lavoratore.
“La malattia Covid-19 – concludono Faggioni, Bezzi e Alotti – sia essa con sintomi o senza sintomi, deve essere trattata come qualsiasi altra malattia. Non possiamo assolutamente permettere che ai lavoratori e alle lavoratrici, sottoposti al regime di isolamento, venga decurtato il loro stipendio”.
Le confederazioni a livello nazionale si sono già mosse per contestare formalmente la posizione dell’Inps. Hanno aperto un’interlocuzione diretta con il Ministero del Lavoro per superare questa criticità che, spiegano i sindacati “sta determinando e determinerà delle ripercussioni non solo dal punto di vista economico per le lavoratrici e i lavoratori, ma, anche, legate alle misure di tutela strettamente correlate alla pandemia, tutt’altro che superata”.
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