È un coro di voci quello che si è levato nei giorni scorsi per chiedere la piena applicazione della legge provinciale n. 13 del 2015 sul gioco d’azzardo. Approvata all’unanimità, la norma regolamenta il posizionamento delle slot e delle VLT nei locali, che devono rispettare la distanza di almeno 300 metri dai “luoghi sensibili”. Il prossimo 12 agosto la norma entrerà in vigore nella sua interezza. Nel 2020 era stata applicata ai bar, mentre le sale da gioco avevano ottenuto una deroga di 2 anni.
Il timore, ora, è che si assisterà a un’altra proroga. Per questo, in un recente comunicato stampa congiunto, diverse associazioni sono tornate a chiedere alla Giunta provinciale di “non modificare la norma n. 13 del 2015, lasciando che la stessa diventi pienamente operativa”. A firmare la lettera il Forum delle Associazioni Familiari del Trentino, Acli, Anffas, AMA, Associazione Nazionale Famiglie Numerose, Coordinamento Nazionale Gruppi Giocatori d’Azzardo, CNCA Trentino Alto Adige, Cooperativa Progetto 92, Consultorio Famiglie UCIPEM, Famiglie per l’Accoglienza Trentino Alto Adige, Famiglie Nuove e Umanità Nuova – Movimento dei Focolari del Trentino Alto Adige, e Gruppo Albora.
Del tentativo in atto in Trentino di prorogare l’attuazione alla legge provinciale sul gioco d’azzardo che regolamenta il posizionamento delle slot machine e VLT rispetto ai luoghi sensibili, è al corrente anche don Armando Zappolini, che si occupa di gioco d’azzardo e dei problemi di dipendenza che il gioco provoca, soprattutto sui soggetti fragili. Portavoce della campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, il parroco toscano per diversi anni è stato anche presidente del Cnca.
Zappolini, cosa pensa di questa possibilità?
Si tratta di un’aggressione che avviene in diverse regioni, abbastanza trasversale, alle conquiste che in questi anni abbiamo fatto. Limitare la collocazione dei punti gioco rispetto ai luoghi sensibili è una cosa che incide sulla tutela della salute delle persone. Le poche cose che abbiamo ottenuto sono ora sotto attacco, quindi è giusta e importante la resistenza dei territori, perché sono le Province autonome e le Regioni poi a farsi carico dei costi sanitari e dei costi sociali del problema. Le reazioni locali però purtroppo spesso si contrappongono a un totale asservimento della politica nazionale agli interessi delle grandi lobby economiche e del Ministero delle finanze, in quanto è lo Stato ad usufruire maggiormente dei benefici economici di questo comparto.
Nei mesi scorsi avete presentato il dossier “Cortocircuito. Come la spirale del debito impoverisce il tessuto sociale”. Quali sono i rischi più evidenti del gioco d’azzardo secondo la ricerca?
Abbiamo cominciato questa campagna dieci anni fa perché le persone venivano a bussare alle nostre strutture per chiedere aiuto, con patologie di dipendenza vera e propria. Il dossier evidenzia il cortocircuito all’interno di uno Stato che con il gioco preleva soldi dalle tasche della gente, producendo una povertà di cui poi deve farsi carico. Due mesi fa abbiamo stoppato il tentativo della Sottosegretaria allo sport Vezzali di reinserire la pubblicità del gioco d’azzardo negli stadi e sulle maglie dei giocatori. Siamo proprio alla follia: un mondo come quello del calcio dove girano milioni vuole riprendere questo finanziamento sulle spalle della gente, ma che effetto devastante avrebbe sui ragazzi vedere che i loro campioni dello sport portano la pubblicità di queste cose. Nel 2021, con la pandemia e in un’Italia in crisi, nell’azzardo sono girati 110 miliardi di euro: è una cosa fuori da ogni logica. Partendo dai territori bisogna alzare una barriera di protezione, non si può continuare a prelevare in modo indiscriminato soldi dalle persone, con un rischio oggettivo per la salute.
Dal vostro osservatorio vedete aumentare le situazioni di rischio?
Il divieto di pubblicità ha protetto tanto dal continuo bombardamento comunicativo che aumentava il rischio di cadere nella trappola, ma è evidente che dove c’è povertà e precarietà l’attrazione della vincita facile continua ad esserci. Il gioco dà la sensazione di poter vincere, e che anche se si perde si può recuperare: tutto questo alimenta un’illusione, ma poi alla fine è sempre il banco che vince e la quantità di soldi lasciata dalla gente è esorbitante.
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