Col vescovo Lauro al Pronto Soccorso

Le corsie asettiche degli ospedali e delle case di cura, dove il tempo scorre lento e sospeso, il nostro Arcivescovo le conosce bene. Le percorreva già da vicario generale e le frequenta anche ora – appena può – per far visita a persone malate. Ma il Pronto Soccorso invece no, mai. Per la prima volta don Lauro vi è arrivato venerdì con l’ambulanza, entrandovi da vescovo… in lettiga.

Chiusa alle spalle la porta scorrevole, s’è trovato anche lui come tanti altri a guardare il soffitto di quella sala d’attesa, nel viavai operoso di camici bianchi e verdi.
Un approdo che dà protezione e insieme incute paura finché la diagnosi è incerta. Tanto che qui il battito del tempo pare accelerato, come fosse ancora in bilico, tra il prima e il dopo quel terribile incidente stradale.

Forse anche un vescovo si ritrova improvvisamente fragilissimo e confortato, atterrito e insieme riconoscente. Forse, mentre attende a lungo l’esito degli esami, pensa alla cintura e all’airbag che hanno frenato l’impatto contro lo spartitraffico, avverte la botta sullo sterno ma chiede solo di rassicurare subito i famigliari che lo attendono a casa per qualche ora di riposo. E ripensa agli impegni del giorno dopo, tutti da annullare, e a chi avvisare subito. Ma poi la mente va ancora all’utilitaria che sbanda, allo schianto che poteva coinvolgere altri: brividi di paura, respiri di sollievo.

La fragilità della vita umana – richiamata nei salmi nelle lodi mattutine – ti si presenta nell’immobilità improvvisa, impensabile poche ore prima. Anzi adesso è appesa, quasi affidata, a quella flebo con gocce medicinali che tranquillizzano dopo lo choc della sbandata.

Passata l’adrenalina – mai come questa volta questa parola tanto usata da don Lauro appare appropriata – c’è bisogno di potersi aggrappare alla fiducia, alla fede. Ti aiuta il crocifisso alla parete, ma anche i vicini di stanza, ricoverati per una notte in stato di osservazione, con cui nasce una complicità solidale. Ti avvolge di calore umano la sicura tranquillità del personale del Pronto Soccorso: dialoga sotto voce con don Lauro come avevano fatto gli ambulanzieri sul rettilineo di Vigolo Baselga.

Per “essere uscito praticamente indenne da un incidente che poteva avere conseguenze ben peggiori”, mons. Tisi si è sentito di esprimere, in una nota, un pensiero riconoscente “alla grande umanità e professionalità degli operatori del soccorso e di chi mi ha preso in cura”.

Prima di ripartire per Roma già lunedì per l’assemblea elettiva della CEI, confortato da tanti messaggi di vicinanza, l’Arcivescovo si è messo nella valigia del cuore anche il bagaglio di questo spaventoso venerdì.

Con il passaggio di umanità al Pronto Soccorso che non dimenticherà a lungo, forse viatico per una pastorale sempre più attenta ai luoghi del soffrire e del curare, gli ambienti dove il Vangelo interroga la comune umanità e la esprime con la sua forza più eloquente.

Una sosta forzata nel ministero di don Lauro, 60 anni il prossimo novembre, in cui fermarsi e ritornare con l’animo grato del pastore.

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