Chi vive sull’arco alpino percepisce la montagna come una presenza familiare da accudire con cura e responsabilità. Cooperare con la natura nel tratteggiare il paesaggio consiste nel mantenere vivo l’attaccamento alle proprie radici, affermare le proprie specificità, plasmare la propria identità. Con i suoi ritmi, i suoi limiti e la sua economia fragile e complessa la montagna scandisce l’esistenza delle comunità locali. Ne tempra l’operosità e ne affina la pazienza. La montagna, infatti, non è una compagna di vita facile: esige perspicacia e sacrificio.
Qual è allora la direzione da imboccare per lo sviluppo del Monte Bondone? A rispondere a questo e altri interrogativi correlati, l’autorevole parterre di ospiti al dibattito pubblico “Bondone e montagna. Sviluppo economico e sostenibilità ambientale” organizzato a metà maggio dal Partito Democratico del Trentino nella sala del centro civico di Baselga del Bondone.
Alla parte introduttiva affidata all’antropologa Marta Villa – che ha calato l’accento sulla necessità di lasciarsi contaminare da pratiche innovative senza il timore di scomporre la propria identità, “che va negoziata” – ha fatto seguito l’esperienza imprenditoriale del patron de La Sportiva, azienda fiemmese di calzature e abbigliamento sportivo per la montagna con i suoi 432 addetti. A Lorenzo Delladio è stato chiesto se lo sviluppo economico imprenditoriale sia compatibile con la tutela ambientale. Affermativo, magari con “l’eliminazione del superfluo, che costa alla collettività”. Superfluo consistente sul Passo Rolle negli impianti di risalita ormai obsoleti, da rimuovere in nome di un’offerta aggiuntiva (non alternativa) allo sci con cui possano campare gli imprenditori abbarbicati sulle Terre Alte.
Ma cosa vuol dire essere operatore turistico sul Monte Bondone? Si badi bene, non semplicemente “Bondone” perché, come suggerisce il presidente della locale Pro loco Sergio Costa, non si abbia ad incorrere nel rischio di uno scambio dell’Alpe di Trento con l’omonimo sobborgo giudicariese. Significa anzitutto distinguersi, a detta dell’albergatore di Vason Alberto Barbieri: “Questa è una località turistica con specificità e identità che la concorrenza non ha”. Insomma potrebbe primeggiare in virtù di una “identità definita e inconfutabile”.
Il suo sogno, cullato da una quindicina d’anni, sarebbe quello di precludere le strade al traffico, di istituire una car free zone tra Vaneze e Viote. Quello che il consigliere comunale del capoluogo Michele Brugnara, accennando al turismo slow, ai cambiamenti climatici e al grande impianto di risalita, battezza “villaggio alpino”. Uno sviluppo per sottrazione, tanto per intenderci, che non accantoni le comunità pedemontane del Bondone e della Valle dei Laghi in sede di pianificazione territoriale.
A Dante Dossi, sindaco di Brentonico, l’occasione di portare l’esempio pragmatico e calzante del Parco naturale del Monte Baldo con la sua sapiente combinazione di conservazione, sviluppo e partecipazione, quest’ultima, però, da accrescere ulteriormente. Si potrebbe esportare in Bondone, che l’assessora delegata al turismo Elisabetta Bozzarelli immagina valorizzato tramite scelte sostenibili a tutto tondo, dotato di servizi di qualità e dipinto alla stregua di una porta di accesso per il Trentino e l’Europa. Ma prima di muoversi “dobbiamo pianificare bene il futuro della nostra montagna”, avverte coi piedi per terra l’ex esponente circoscrizionale Graziano Agostini.
“Non perdete il legame con la montagna”, l’appello lanciato dall’esperta Villa e risuonato tra mezzo centinaio di variegati uditori prima di puntualizzare con vigore: “Dobbiamo cambiare la mentalità del turista, perché sono gli abitanti della montagna (gli “specialisti del territorio”) a dire che tipo di cambiamento è possibile”.
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