“Dona e tolle ogn’altro ben Fortuna; sol in virtù non ha possanza alcuna”. Così decantava Ludovico Ariosto nel terzo canto dell’Orlando Furioso. E la Fortuna, o meglio la sorte, accompagna la nostra narrazione del Giro d’Italia. Ieri si è abbattuta su Girmay che aprendo la bottiglia di spumante si è ferito all’occhio sinistro e oggi non è stato in grado di ripartire. Rimarrà però indelebile la prima storica vittoria di un africano nella corsa rosa. Oggi i corridori arrivano proprio a Reggio Emilia, che ha dato i natali al grande poeta del Quattrocento.
L’undicesima frazione è la seconda tappa più lunga di questo Giro d’Italia. 202 km da Santarcangelo di Romagna a Reggio Emilia. Non ci sono neanche un metro di salite, ma tutta esclusivamente in piano. Sembra tutto semplice e già programmato per una classica volata, tuttavia il nervosismo in gruppo per non cadere in trabocchetti del vento o di incidenti inaspettati regna sovrano. La fuga di giornata, infatti, viene già ripresa a 92 km dal traguardo. Dopo un periodo di nervosismo, De Bondt scappa via e prova a tenere duro fino a ridosso del traguardo. Nell’ultimo km, una volta ripreso il fuggitivo, la Groupama FDJ forma un treno non così perfetto. La volata di Arnaud Demare, infatti, non è sontuosa e potente. Fernando Gaviria riesce a superarlo con facilità, ma proprio sul più bello una freccia nera e azzurra della DSM si conficca per prima oltre la linea del traguardo. É Alberto Dainese il trionfatore di giornata! Prima vittoria, perciò, per l’Italia in questa corsa rosa, mentre la situazione delle maglie rimane ancora invariata.
Oggi la tappa era piatta, piatta come i taglieri dove le nonne emiliane stendevano la pasta fresca. L’Emilia, infatti, è una regione ricca e variegata di piatti tipici. A Reggio Emilia, precisamente, sono immancabili i “caplet” o meglio cappelletti. Rigorosamente vengono serviti col brodo di carne, ma sono buonissimi anche con ragù o con la panna.
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