Oltre 90 mila followers tra Instagram e Tik Tok, un blog con migliaia di lettori che raccoglie una collezione di guide pratiche dei tantissimi luoghi del mondo che hanno visitato. Trentenni, compagni di viaggio e anche di vita, Marco Girardi di Pergine e Simone Salton, che ormai trentino lo è d’adozione, sui social sono i WorldMappers, letteralmente i “mappatori del mondo”. Un progetto nato quasi per gioco, riproducendo online la raccolta di fotografie attaccate sulla parete della loro stanza, ma decollato durante il lockdown. E che, in un paio d’anni, li ha portati a diventare con la loro simpatia e naturalezza, dei veri e propri punti di riferimento nel mondo del turismo LGBT+.
Ma dietro alle loro famose foto face2face, ai baci e ai sorrisi che caratterizzano le immagini postate da tutto il mondo, si nascondono (e mica troppo…) odio e insulti omofobi. “Succede spesso, alcune volte ci arrivano in forma privata ma anche direttamente come commento sotto i post”, ci raccontano. “Ci capitava di rispondere ma farlo generava solo altra cattiveria dato che spesso chi scrive non aspetta altro. Oscurando i nomi abbiamo anche ripubblicato questi messaggi per far vedere cosa c’è sui social”. A difenderli sono spesso i loro followers, non necessariamente appartenenti alla comunità LGBT+.
Anche se ormai Marco e Simone hanno fatto il callo a questa triste “routine”, non è mai facile fare finta di nulla, leggere e poi lasciarsi scivolare tutto addosso. Le offese vomitate sui social, l’odio e la cattiveria gratuita si originano, secondo i due travel bloggers, dall’ignoranza: manca sostanzialmente l’esperienza, il contatto, anche perché oggi le parole “gay” o “lesbica” non sono più un tabù, soprattutto tra le giovani generazioni. E anche le serie tv hanno cominciato a raccontare un mondo che esiste, senza nasconderlo. Ma ancora non basta.
“Serve più empatia, dialogo e confronto. Perché puoi benissimo non condividere e avere il tuo pensiero, ma non bisogna andare oltre. A chi ci insulta chiediamo: perché ci reputi un cattivo esempio se decidiamo di comprare casa o l’automobile assieme? Se decidiamo di sposarci e metter su famiglia e di invecchiare insieme? Se vogliamo vivere una vita normale?”. Assume questo significato anche l’emoticon con l’arcobaleno che Marco e Simone hanno scelto di postare in risposta ai commenti degli haters. Significa avere “le spalle larghe”, ma ciò non impedisce di immedesimarsi in un padre e una madre che potrebbero leggere quegli insulti, preoccupandosi giustamente per quello che potrebbe accadere “fuori” al loro figlio o alla loro figlia.
“O di un adolescente che subisce lo stesso trattamento, che già si sta facendo mille domande e in più viene attaccato sui social”, riprendono Marco e Simone, sottolineando come capiti loro spesso di ricevere consigli e richieste d’aiuto. “Ci scrivono giovani ma anche adulti, ci confidano i loro dubbi sul proprio orientamento affettivo e di genere, quasi come fossimo un ‘consultorio’. Noi rispondiamo volentieri perché da queste cose ci siamo passati, e sappiamo quanto sia difficile parlarne ai propri genitori o agli amici”.
O anche solo, per una coppia omosessuale, postare sui social la prima foto mano nella mano.
“Viene da sorridere quando pensiamo a come eravamo soltanto pochi anni fa e, invece, quello che facciamo oggi sui social, dove ‘spiattelliamo’ la nostra vita. Alla visibilità però – concludono – deve corrispondere anche la responsabilità perché ci rendiamo conto di essere diventati per tanti dei modelli … di normalità. Non siamo bronzi di Riace, ma due ragazzi che lavorano, una coppia normale, che fa cose normali che ci rendono felici. E non c’è niente di più bello di quando la gente ci ringrazia perché riusciamo a mostrare tutto questo”.
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