In Trentino ci sono stati nel 2019 ben 48 casi di suicidio, aumentati a 54 nel 2020 e calati a 43 nel 2021. Questi numeri, che raccomandano di tenere alta la guardia di fronte ad un fenomeno sociale inquietante, sono stati forniti questa mattina presso la sede Erickson di Gardolo all’avvio dell’atteso seminario di studio sulla prevenzione del suicidio, promosso dall’Azienda sanitaria trentina e dall’associazione AMA. Vi hanno preso parte operatori sanitari e sociali, educatori e sacerdoti, amministratori pubblici e anche responsabili delle forze dell’ordine a conferma dell’importanza di un approccio comunitario e interdisciplinare al fenomeno. Il titolo del convegno “Essere rete per sostenere equilibri complessi” è stato approfondito nel confronto fra i progetti avviati nelle realtà di Trento, Bolzano e Treviso con una decisa collaborazione della realtà ecclesiale, ribadita dalla presenza del vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi e dell’Arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi che ha aperto i lavori comunicando anche un messaggio di adesione convinta da parte del vescovo di Bolzano-Bressanone, mons. Ivo Muser.
“Il grido che ci viene dalle persone che si sono tolte la vita – ha osservato mons. Tisi – ci spinge al dovere di guarire il nostro tessuto sociale che è malato perché costruito sulla prestazione, sul PIL, sull’indifferenza. Dobbiamo invece rifondarlo sulla base di una relazione gratuita, non giudicante, rispettosa dell’altro. Essa è necessaria per vivere e per aiutare a vivere”.
Questa è la condizione di una vera prevenzione, secondo l’Arcivescovo di Trento, che ha invitato ad avere attenzione per i sopravvissuti che attraverso gruppi di aiuto possono favorire contesti comunitari che aiutino a recuperare autostima, a riconoscere il senso del limite e accettare le ombre nella propria vita.
Sul tema è intervenuto nel corso dei lavori anche il vescovo di Treviso, impegnato insieme alle realtà della sua provincia, a favorire le reti sul territorio e quei “gruppi minimi” (come sono stati definiti da alcuni relatori) in grado di accrescere l’integrazione sociale e cogliere i segnali premonitori del suicidio. “Abbiamo privilegiato spesso un approccio troppo specialistico e talvolta burocratico – ha osservato Tomasi – rispetto al quale la realtà della vita è eccedente e le persone non vengono più considerate come volti, ma come numeri. È prezioso questo confronto fra diverse realtà locale dal quale viene anche incoraggiamento a proseguire nei progetti di prevenzione”.
L’assessore provinciale alla salute Stefania Segnana ha incoraggiato il progetto “Invito alla vita” segnalando che nel 2020 il numero dei suicidi in Provincia è aumentato rispetto all’anno precedente (in calo invece nel 2021) ma i servizi registrano la problematica crescente dei suicidi giovanili.
I partecipanti, fra quali anche molti operatori della Diocesi, hanno apprezzato le relazioni introduttive di Fabio Folgheraiter, Maurizio Pompili e Ivo Lizzola che hanno sottolineato sulla base dei loro studi e delle ultime ricerche sul fenomeno suicidio le principali attenzione del lavoro di rete, riconosciuto come indispensabile per una risposta comunitaria a questo disagio.
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