“Quando un deputato mi chiamava signor presidente, io rispondevo sempre ‘La ringrazio, signora deputata’. Dopo due, tre volte non l’hanno più fatto”.
E’ partita da una riflessione sul linguaggio ieri, venerdì 8 aprile, Laura Boldrini, presidente del comitato permanente della camera sui diritti umani nel mondo ed ex presidente della Camera dei Deputati. Boldrini ha presentato il suo ultimo libro “Questo non è normale – Come porre fine al potere maschile sulle donne” in Fondazione Demarchi, invitata da FIDAPA con la collaborazione della Commissione Pari Opportunità, dell’associazione Donne in Cooperazione e dell’Università di Trento.
“Quando sono diventata presidente della Camera – ha aggiunto – ho introdotto subito il linguaggio di genere negli atti parlamentari perché noi donne, una volta varcata quella soglia, diventavamo tutte uomini. Ho avuto delle rimostranze incredibili: molte donne non volevano usare il femminile perché si sentivano sminuite, e in aula si ostinavano a chiamarmi ‘signor presidente'”.
Boldrini ha dialogato con Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Università di Trento, e con Eleonora Stenico, già consigliera di parità in Trentino. Nel libro, ha sottolineato Boldrini, sono evidenziate “tutte le cose che sono patologiche nel nostro Paese, ma che si ripetono e quindi vengono considerate normali”. Secondo l’ex presidente della Camera, “ci deve essere meno comprensione nei confronti degli uomini violenti”. “Ci deve essere stigma sociale nei confronti degli uomini violenti – ha detto – come nei confronti dei mafiosi, dei pedofili e dei terroristi. Un uomo violento va messo alla berlina. E la violenza – ha aggiunto – non è solo fisica, ma anche economica, psicologica e, come ci ‘insegna’ il revenge porn, digitale”.
In “Questo non è normale”, Boldrini chiede agli uomini che rispettano le donne di unirsi a loro nella battaglia per la parità di genere. L’ex presidente della Camera ha ricordato la figura di Salvatore Morelli, deputato del Regno d’Italia: “Nel 1876 aveva fatto tre proposte di legge – ha affermato -: abolizione della schiavitù domestica, voto alle donne e divorzio. Quando ha presentato la proposta di legge contro la schiavitù domestica, tutti l’hanno deriso. Perché? Perché era un visionario, perché più di cento anni fa aveva compreso che quel processo di acquisizione dei diritti sarebbe stato irreversibile”.
Più volte nel corso dell’incontro è stato confermato il ruolo centrale della cultura, che viene ancora prima delle leggi, per cambiare la posizione della donna nella società. “Servono azioni concrete, ma anche simboliche”, ha detto Boldrini, raccontando che “a Montecitorio camminavi per i corridoi e non c’era un’immagine femminile che non fosse una santa. E le costituenti? Le sindache? Le prime donne nelle istituzioni?”. Boldrini ha quindi deciso di mettere delle foto delle prime undici sindache italiane. “Mancavano però alcune foto – ha detto – quindi ho fatto mettere degli specchi: quando le studentesse visitano la Camera, ora, si specchiano e vedono sotto l’iscrizione ‘presidente della Repubblica’“.
Eleonora Stenico ha ricordato che “i diritti non sono acquisiti una volta per tutte”. “In Trentino abbiamo ottenuto la doppia preferenza di genere – ha aggiunto – ora in pericolo perché si vuole reintrodurre la tripla e qualcuno parla della quadrupla, sul modello altoatesino. Sono anche stati cancellati, poi, i corsi di educazione di genere nelle scuole”. Stenico ha ricordato una “vittoria recente”, datata 24 marzo 2022, quando la Corte di Cassazione, pronunciandosi sul caso Laura Massaro, ha detto “stop” alla teoria dell’alienazione parentale presentata dallo psichiatra forense americano Richard Gardner. “Questa teoria – ha spiegato Boldrini – accusava la madre di aver portato il bambino ad odiare il padre: la madre sarebbe quindi stata l’alienante, il papà l’alienato. La madre che denuncia violenza rischiava così di vedersi portato via il figlio”.
Un pensiero è andato anche alle donne vittime di violenza nei contesti di guerra, oggi in Ucraina, trent’anni fa in Bosnia Erzegovina. “Sono passati 30 anni dall’assedio di Sarajevo – ha ricordato Boldrini, che all’epoca lavorava nelle agenzie delle Nazioni Unite -; in Bosnia la popolazione bosgnacca è stata obiettivo di una pulizia etnica e in questo quadro le donne erano ‘funzionali’. A Foča 20mila donne bosgnacche vennero stuprate perché dovevano dare alla luce i figli del nemico: fu in quel momento che lo stupro venne definito un crimine contro l’umanità, perché era un’arma di guerra, non un effetto collaterale del conflitto”. Accadde anche nel genocidio più veloce della storia, in Ruanda, sempre negli stessi anni. “Lì i media – ha concluso Boldrini – hanno giocato un ruolo fondamentale: ogni mattina la radio Milles Collines diceva agli Hutu di trovare la propria ‘scarafaggia’. Chi erano le ‘scarafagge’? Le donne tutsi, che dovevano essere violentate e poi uccise dagli Hutu”.
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