Come hanno influito la crisi economica del 2018 e la crisi pandemica dopo il 2019 sulle pari opportunità in Trentino? Ne ha discusso ieri, mercoledì 30 marzo, la IV Commissione del Consiglio provinciale, presieduta da Claudio Cia (Fratelli d’Italia). E’ stata presentata una ricerca sulla situazione delle pari opportunità in Trentino condotta dalla dottoressa Anna Ress e coordinata da Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Università di Trento.
La partecipazione delle donne alla vita politica è scarsa. Buoni invece i servizi educativi nella prima infanzia
La ricerca ha analizzato la situazione trentina comparandola con quella nazionale ed europea. Si vede come, per quanto riguarda la partecipazione, sono ancora poche le donne in Trentino che occupano posti apicali: l’uguaglianza con gli uomini nella vita pubblica è ancora un traguardo lontano. Nelle scuole, ad esempio, sono in calo le donne dirigenti, mentre nel mondo dell’imprenditoria l’occupazione femminile è caratterizzata da una maggiore precarietà, da part-time volontario e lavoro a termine: l’instabilità del lavoro, insomma, riguarda le donne più che gli uomini. Persistono anche forti disparità di reddito tra donne e uomini, con le donne che dedicano anche molte più ore al lavoro non retribuito rispetto agli uomini. Una nota positiva, in questo campo, è che il Trentino ha una situazione migliore di altre regioni per quanto riguarda i servizi educativi nella prima infanzia.
La situazione delle pari opportunità in Trentino è buona rispetto al resto d’Italia: restano però disparità lavorative e di studio
“In generale il Trentino presenta una situazione migliore rispetto al restante panorama italiano – ha detto Ress – per molti indicatori in materia di parità di genere. Restano tuttavia disparità nella precarietà del lavoro e un divario nella scelta delle discipline di studio e di lavoro scientifiche e tecnologiche. I passi da compiere nella nostra provincia devono andare nella direzione dei Paesi europei più avanzati nel campo delle politiche di genere”.
La violenza di genere: la pandemia e la crisi economica hanno aggravato la situazione
Dalla ricerca condotta da Anna Ress emerge l’intreccio tra disuguaglianze strutturali, comprese quelle economiche, che concorrono alla violenza di genere. Una violenza che è andata peggiorando con la pandemia, anche a causa del confinamento domestico, e che ora si sta ulteriormente aggravando per la crisi economica. Le denunce, durante la pandemia, sono diminuite: ci sono stati quindi meno percorsi giudiziari. La violenza, sottolinea la ricerca, si diffonde dove la cultura e le norme giustificano comportamenti dominanti da parte degli uomini: su questo fronte, è stato ribadito, l’attività educativa e di prevenzione da fare è tanta.
La speranza di vita delle donne, durante la pandemia, è calata di un decennio
La speranza di vita delle donne è più alta rispetto a quella degli uomini, anche se durante la pandemia, come sottolinea la ricerca, è calata di un decennio. Alcune malattie, come i tumori, colpiscono maggiormente gli uomini. Altre invece, come le patologie psichiche e i disturbi psicologici, continuano a colpire maggiormente le donne.
Supporto psicologico, la presidente dell’ordine Bommassar chiede un aiuto anche per gli ucraini
Dopo la pandemia emergono “disturbi di tipo depressivo e altri legati all’ansia”, ha spiegato Roberta Bommassar, presidente dell’Ordine degli psicologi della provincia, accompagnata dal consigliere Carlo Dalmonego, che ha segnalato anche gli investimenti pari a circa 2 milioni di euro previsti per l’assistenza delle persone con disturbi mentali e dovuti a stress anche in seguito all’epidemia. Un documento portato ad esempio da Bommassar e redatto dall’Istituto superiore di sanità sulle terapie psicologiche per l’ansia e la depressione del 2022 segnala che il 10% della popolazione, pari a 6 milioni di italiani, soffre di questo malessere: i sintomi, sempre secondo questa ricerca, sarebbero distribuiti in tutte le fasce d’età. La presidente, durante la riunione della IV Commissione, ha anche chiesto “un adeguato intervento di supporto psicologico” per i profughi ucraini.
I disturbi psicologici sono la seconda malattia, dopo i problemi cardiovascolari, per rilevanza economica e sociale. E causano la perdita di molti anni di vita in buona salute. “Un tema da affrontare – ha quindi proseguito Bommassar – è quello del rapporto costi-benefici”. Tutte le ricerche confermano infatti che le terapie psicologiche mostrano efficacia sul breve e soprattutto sul lungo termine, a differenza delle terapie che utilizzano gli psicofarmaci: l’intervento psicologico, dunque, sarebbe più utile e più conveniente, secondo la presidente dell’Ordine.
L’Ordine degli psicologi chiede che nelle Case della Comunità vengano inseriti anche gli psicologi
“L’Ordine degli psicologi – ha chiesto Bommassar – chiede che nella riforma dell’organizzazione della sanità prefigurata dalla Provincia con le Case della Comunità, in cui sono previsti medici, infermieri e altri operatori non meglio specificati, si espliciti anche la presenza degli psicologi”.
A una diagnosi per patologia fisica, infatti, si affianca spesso un disturbo di origine psicologica; in più un intervento psicologico riduce anche la spesa per l’ospedalizzazione e per la perdita di giorni di lavoro, che sul bilancio dello Stato pesano per 4 miliardi di euro all’anno in termini previdenziali. Non va dimenticato poi, per Bonmassar, che il Trentino prevede l’intervento degli psicologi con la legge 13 del 2007 sulle politiche sociali, eppure proprio questa figura è l’unica finora non attivata tra tutti gli operatori citati. Ciò significa che i servizi sociali sono attualmente sguarniti nelle risposte da dare ai problemi che emergono su questo versante.
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