Mentre la pandemia da Covid-19 non accenna a dare segnali di tregua, le Acli del Trentino, ed in particolare la Federazione Anziani e Pensionati, per mezzo di una lettera firmata dal presidente Luca Oliver e dal Segretario provinciale FAP Claudio Barbacovi, chiedono alle istituzioni una programmazione del futuro del comparto sanitario adeguata a fornire delle pronte risposte ai cittadini, elaborando politiche sanitarie a partire dall’ascolto di coloro, che, più di tutti, hanno il polso della situazione: i professionisti sanitari.
“In due anni quattro ondate di contagi hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale e quello provinciale. Ospedali e terapie intensive pericolosamente intasati, contagi inesorabilmente in crescita, vaccinazioni che, nonostante gli sforzi messi in atto, stentano ancora ad imporsi. Ci chiediamo, ma come è possibile che in due anni di pandemia il sistema sanitario sia sempre in affanno, sempre sottoposto ad uno stress da “urgenza”, sempre con una organizzazione insufficiente, poco previdente, con personale costretto a turni massacranti, al limite della resistenza umana. Come è possibile che il sistema sanitario sia continuamente sottoposto ad una azione di “tampone” dell’emergenza, senza venire mai dotato di strumenti adeguati ad affrontare con un minimo di programmazione gli eventi peraltro conosciuti e prevedibili. Come è possibile che si proceda ancora attraverso la cancellazione di servizi e di unità operative presenti in ospedale, come la Pneumologia di Trento, per “recuperare” personale da destinare alle terapie semintensive. Come è possibile che alla quarta ondata si debbano ancora bloccare le visite specialistiche, i ricoveri, i controlli diagnostici, sottoponendo il cittadino a estenuanti attese, a dover subire lo slittamento temporale di interventi terapeutici programmati per patologie complesse e gravi. Che reparti cruciali come Anestesia, Rianimazione e Terapia intensiva siano privi del primario da anni e che nei Pronto soccorsi periferici (vedi Ospedale di Cavalese) manchi il personale medico per garantire almeno la necessaria turnazione. E ancora, come è possibile che fra una ondata e l’altra non sia stato elaborato un piano in grado di far tesoro dell’esperienza e di ricostruire una programmazione in grado di evitare la soppressione di attività ospedaliere di primaria importanza per recuperare posti letto e personale da dedicare ai soli malati Covid”, scrivono Oliver e Barbacovi, sottolineando come “i cittadini affetti da patologie gravi, “non Covid”, non possono essere continuamente sottoposti a ritardi nelle prestazioni necessarie e programmate a causa di una cronica incapacità di predisporre risposte adeguate ad una pandemia, che, nonostante le vaccinazioni, continuerà per molto tempo ad essere presente”.
“In questa situazione è inoltre aumentato in modo considerevole il ricorso alle prestazioni private a pagamento facendo emergere la pesante disparità sociale fra coloro che possono accedere alle cure private e coloro che non se le possono permettere – proseguono le Acli trentine -. In tutto questo rincorrere le emergenze la Politica provinciale dov’è? Si ha l’impressione che la Giunta provinciale sia latitante, in grado solo di rincorrere i problemi anziché gestirli con lungimiranza. L’Autonomia ha bisogno di essere governata non di essere soltanto amministrata. Tante, troppe situazioni stanno generando disfunzionalità nel sistema sanitario provinciale con gravi ripercussioni sui percorsi di cura e di intervento a favore di cittadini in difficoltà e con salute precaria. Tale stato rischia di pesare in modo intollerabile sulle persone fragili, anziane e spesso sole”.
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