È il primo pomeriggio di Santo Stefano e il sole cerca di intiepidire una limpida tipica giornata invernale. Una bella sana passeggiata ci può aiutare a smaltire il lauto pranzo del Natale. Con mia moglie e una coppia di amici decidiamo di andare a piedi a visitare i presepi posti in mostra a Borgo Sacco. Lasciamo la nostra Lizzanella e in pochi minuti siamo lungo il torrente Leno e poi alla sua confluenza nell’Adige. Quest’ultimo alla “moia” si presenta basso e lento, quasi immobile. Dalle seppur generose montagne, del resto, riceve poca acqua in questa stagione. Ma il suo fascino rimane immutato. Come quello del barocco trentino della splendida chiesa di San Giovanni Battista, che oltrepassiamo prima di scendere nel borgo antico, popolato in tempi lontani da gente che viveva solo di attività sul quel fiume, tanto amato e quanto talvolta anche assai temuto.
Da lì giungiamo nell’ampia storica Piazza di Sacco dedicata ai Fratelli Filzi. Talmente grande che nei primi decenni del Novecento ospitava infuocate sfide alla “balonzina” tra le squadre più forti composte da giovani aitanti di vari paesi lagarini. Un gioco che appassionava ogni volta migliaia di persone. La “balonzina” aveva un’anima di budello di animale, di maiale o di bovino, che poi veniva stretta e fasciata da una corda. I giocatori la colpivano con forza e astuzia con una loro mano anch’essa ben protetta da delle “pezze” di stoffa. Che spettacolo, quante grida, tanta allegria.
In fondo a Piazza Filzi si erge la storica torre civica con l’orologio, che da secoli conta il tempo ai saccardi. Scendendo una ripida scala in pietra sotto la torre, entriamo in una piccola cappella oggi sconsacrata. Lì sono posti in bella mostra, in queste giornate natalizie, molti presepi ideati e costruiti con arte e tante paziente passione da alcuni artigiani di questi quartieri che si ergono sulle due sponde dell’Adige.
Tutti diversi e, proprio per questo, ognuno di essi trasmette emozioni e meraviglia ad ogni nostro sguardo. Due gentilissime signore, mamma e figlia, ci raccontano, con gli occhi lucidi, di queste piccole opere d’arte create dall’ingegno di alcuni compaesani. Persone semplici, modeste nel carattere, ma ricche d’animo e di generosità.
Non vorremmo più uscire da quello scrigno interrato, da quel museo più unico che raro. Non siamo capaci di staccare i nostri occhi da quei piccoli personaggi, da quelle grotte o capanne minuscole, da quella moltitudine di colori naturali, da quei paesaggi creati con amore e che ci trasmettono serenità.
Ci tratteniamo ben oltre il previsto. La bellezza che ci circonda ci cattura. Ma tutto ha giustamente una fine. Salutiamo e ringraziamo le due cortesi signore, usciamo dalla stanza espositiva e con parole di elogio per quanto visto ci dirigiamo verso l’argine sinistro dell’Adige che ci porta verso sud. Eccoci innanzi al maestoso edificio austro – ungarico della Manifattura Tabacchi e poi giù nuovamente verso la “moia” e l’incontro perenne del Leno con il suo e nostro fiume preferito fin da quando eravamo bambini. Quanti ricordi, quanti tuffi, quanti bagni non detti ai nostri genitori. Altri tempi.
Molto soddisfatti, dopo aver superato il ponte delle mitiche coraggiose “zigherane”, portatrici di tanti sacrifici e di tante virtù, arriviamo ai bei vigneti spogli del Navesel. Ci stiamo avvicinando nuovamente alla nostra Lizzanella.
Una calda gradevole tazza di tè chiude un bel salutare pomeriggio, trascorso passeggiando tra luoghi familiari e allietati da lontani ricordi e nuove emozioni.
Paolo Farinati
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