Da inizio dicembre e fino a fine marzo, venticinque persone senza fissa dimora sono accolte nella chiesa di Centochiavi. Si è svolta qui questa mattina, lunedì 13 dicembre, una conferenza stampa che arriva all’indomani della Giornata della Carità.
La Diocesi ha fatto un bilancio delle iniziative solidali: dall’accoglienza dei senza fissa dimora fino all’attività InFondo Speranza e a quella dei Centri d’Ascolto, i Cedas. È stato rinnovato anche l’appello ai “Passi di Prossimità” per i giovani, lanciato dal vescovo Lauro Tisi poco più di un anno fa, quando ha chiesto ai giovani trentini di mettersi a disposizione della comunità all’interno della Caritas ma anche delle loro parrocchie. Sono oltre cento i giovani della provincia di Trento che hanno risposto all’invito e che si sono messi in gioco; alcuni di loro stanno continuando il loro servizio anche in questo periodo. Ci saranno due momenti dedicati a loro, uno a Trento e uno a Rovereto, rispettivamente il 26 e il 28 gennaio.
“Dobbiamo tornare a guardare l’altro e non a guardarci dall’altro”, l’invito dell’arcivescovo Lauro Tisi nella chiesa di Centochiavi, che ha aggiunto: “Credo fermamente nei giovani che, l’anno scorso, si sono messi in gioco con Passi di Prossimità. Hanno scelto di prestare servizio anche alcuni giovani lontani dall’ambiente ecclesiale”. Il Vescovo ha rilanciato anche il tema dell’incontro con i poveri, che, ha sottolineato, “dev’essere centrale per la Chiesa”.
La Caritas, ha detto don Cristiano Bettega, delegato dell’Area Testimonianza e Impegno Sociale della Diocesi, “deve cercare di essere una spina nel fianco, deve provocare l’opinione pubblica e ‘rompere le scatole’ in maniera positiva”. Deve cioè invitare la comunità a guardare in faccia la realtà, che vuol dire anche la povertà a due passi da casa.
Alessandro Martinelli, referente della Caritas e di Fondazione Comunità Solidale, ha invece presentato le tre aree di azione della Diocesi in risposta alle povertà e alle fragilità diffuse. La prima è l’accoglienza invernale che vede attive, oltre alla chiesa di Centochiavi, anche Casa Sant’Angela di via Rosmini, a Trento, grazie alla disponibilità della Compagnia di Sant’Orsola. In totale, in queste due strutture sono 50 le persone ospitate sino a fine marzo. Complessivamente, in tutte le strutture Caritas (tra cui anche la Bonomelli di Trento), vi sono 125 posti letto.
“Un’area particolarmente importante, però, è quella dell’abitare – ha aggiunto Martinelli – vi sono infatti molti lavoratori precari che fanno difficoltà a trovare una casa”. La Diocesi si sta muovendo in collaborazione con il Centro Astalli e con Atas per trovare delle soluzioni a questo problema.
Il secondo punto presentato da Martinelli è l’attività dei Cedas, che da gennaio a fine ottobre hanno incontrato 1.131 persone, per un totale di 4.635 interventi tra accoglienza, ascolto, servizio, viveri e vestiario. Si tratta, per un 40 per cento, di aiuti alimentari e buoni spesa. È in aumento, infatti, come ha sottolineato Martinelli, la povertà economica legata alle spese quotidiane come affitto, utenze domestiche e spese di accompagnamento sociale. Sul territorio provinciale sono presenti 19 Centri di Ascolto e Solidarietà Zonali e 25 punti di ascolto parrocchiali, per un totale di 44 “luoghi Caritas”. Questi punti vivono grazie all’impegno dei volontari. “Anche se molti di loro sono anziani – ha aggiunto Martinelli – nessun punto ha chiuso i battenti in questo periodo difficile”.
Il terzo fronte d’impegno della Diocesi è “InFondo speranza”: sono 346 complessivamente le persone aiutate in questi mesi grazie a questo fondo, avviato nel luglio del 2020 per sostenere singoli e famiglie. 190.289 euro a fondo perduto sono stati distribuiti, soprattutto a disoccupati, lavoratori precari e autonomi.
“Dobbiamo sottolineare però che c’è stato anche un aumento della povertà relazionale – ha aggiunto Alessandro Martinelli in conclusione – e della solitudine. Il Trentino Alto Adige è una delle regioni con il più alto tasso di suicidi e di tentati suicidi tra i giovani”. Per combattere la povertà relazionale, ma anche la povertà educativa, c’è bisogno di un lavoro sinergico con tutte le realtà del territorio.
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