È stata inaugurata questo pomeriggio in via Belenzani a Trento la simbolica panchina per l’Europa dedicata ad Antonio Megalizzi realizzata dalla Gioventù Federalista Europea, in collaborazione con la Fondazione Antonio Megalizzi.
La panchina, ritinteggiata con i colori della bandiera europea, riporta una significativa citazione dello stesso Megalizzi: “Unione Europea, perché? Le alternative sono inimmaginabili, ed essenzialmente tragiche”, e rientra nell’ambito di un progetto non solo trentino, quello di “Panchine Europee in ogni città”. Ad oggi infatti gli attivisti della Gioventù Federalista Europea hanno ottenuto la realizzazione di 30 panchine in tutta Italia, spiega Lucia Ori, che ha promosso l’evento a Trento: “Qui abbiamo promosso una panchina speciale, dedicata ad Antonio. Quando camminiamo nei corridoi universitari, Antonio è con noi, e speriamo che le sue idee possano rimanere con noi”, ha spiegato ricordando il desiderio di Antonio, che “voleva portare l’UE nelle scuole, non solo quella che viene divulgata sui giornali”.
A rappresentare la Fondazione Antonio Megalizzi, che oggi porta avanti i valori del giovane reporter vittima di un terrorista nel dicembre 2018 a Strasburgo, all’inaugurazione della panchina c’era la collega e amica Caterina Moser, che ha ringraziato i presenti, portando i saluti della presidente della Fondazione, Luana Moresco. “Questa panchina è una presa di posizione forte sulla cittadinanza europea. È un simbolo ma anche un luogo di incontro per i giovani. Antonio voleva che le persone fossero formate e informate. Si rivolgeva ai giovani per spiegare cosa fosse l’UE e per raccogliere idee per migliorarla, perché non mancava di vederne le criticità. Il suo modo di comunicare era sagace e diretto, ma cercava sempre di approfondire le questioni per poi spiegarle e confrontarsi. Il suo sogno è qualcosa che vive quotidianamente: in voi ragazzi e nel riconoscere che l’UE è nella nostra quotidianità. Essere cittadini europei significa anche proporre strategie per cambiare l’UE”.
“Accade spesso purtroppo che si parli di giovani talentuosi quando avviene qualcosa di tragico. Noi lavoriamo per valorizzarli”, ha aggiunto Caterina Moser, ricordando il progetto Giovani Ambasciatori, con cui la Fondazione Megalizzi entra nelle scuole per parlare di Europa ai più piccoli attraverso l’impegno di 30 ragazzi, “ambasciatori” appunto. “Crediamo che questo sia il nostro futuro: un’Europa più equa. Questa panchina speriamo possa essere un luogo di confronto dove nascano nuovi progetti da portare avanti assieme”, ha concluso.
Non potendo essere presente, ha inviato un messaggio anche Paolo Borrometi, vicedirettore dell’Agi e presidente di Articolo 21, autore di un libro sulla figura e sul pensiero di Megalizzi: “È passato tempo da quando, con Beppe Giulietti, pensammo a una panchina dedicata alla libertà di stampa. Purtroppo non conoscevo Antonio. Ho tentato in punta di piedi di entrare nel suo mondo. Riusciva ad argomentare ogni pensiero con senso critico e da oggi chi passerà da questa panchina potrà osservare la sua passione per l’Europa. Le parole non sono pietre. Questa panchina sia da monito per la passione da coltivare e le parole da usare”.
Per il Comune di Trento, con il sindaco impegnato a Parma per la riunione dell’Anci, è intervenuta l’assessora Elisabetta Bozzarelli: “Crediamo che l’UE si fondi anche sulla forza delle singole città. Attraverso questo bel progetto sui beni comuni, i Giovani Federalisti ci passano il testimone. Non vogliamo semplicemente coltivare la memoria di Antonio. I ragazzi hanno voluto lasciarci un segno, qualcosa di vivo che ci dice che Trento è una città d’Europa. Siamo tutti coinvolti in questo. Oggi è un giorno importante ma va praticato ogni giorno nella quotidianità: tutti quanti siamo costruttori della casa comune europea”.
“È difficile parlare di Antonio. Tutta la sua vicenda ha avuto molta attenzione, anche da parte del Presidente della Repubblica”, ha detto invece Edoardo Giudici, presidente Consiglio degli Studenti: “Voglio portare una riflessione: dobbiamo chiederci se c’era bisogno di questa panchina. Sì, perché le persone hanno bisogno di simboli, altrimenti non costruiremmo statue. Antonio è diventato un simbolo. Non so se gli sarebbe piaciuto. Probabilmente no, perché era un ragazzo normale. E proprio per questo è diventato un simbolo”.
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