Sì, il sindaco Ianeselli ha fatto molto bene – interloquendo con chi la città ha a cuore, con i giornali e i mezzi di informazione che ne esprimono i disagi, non le grida o le rivendicazioni continue e spesso capricciose – a sollevare i problemi di piazza del Duomo, non solo nella sua armonia monumentale e “vitale”, ma anche come simbolo di tutto il centro storico di Trento, della sua bellezza e della sua decadenza.
Va ringraziato anche Ezio Chini per le battaglie che lo vedono impegnato. Chini, infatti, dopo le responsabilità istituzionali alla sovrintendenza dei monumenti e dopo aver dato alle stampe (proprio in questi mesi) un prezioso volumetto (storia, paesaggio, arte, radici di vita) delle Giudicarie Esteriori – Banale, Bleggio, Lomaso – si trova impegnato a scuotere la trascuratezza di politica e istituzioni proprio su Trento per quanto riguarda il degrado in cui vengono lasciate le case affrescate, vero patrimonio di originalità, architettura e storia a livello europeo. E se per le Giudicarie il libro si presenta esemplare – perché indica davvero un “esempio” di paesaggio, nella bellezza della natura e nel lavoro dell’uomo, che va oltre i confini di quel territorio, da prendere come riferimento più vasto – l’incuria e la mancata manutenzione (grondaie che perdono, tetti da riparare …) delle case affrescate costituiscono il segno di quanto la volgarità contrabbandata per modernità continui a dissipare gli ambienti di vita. Di quanto il centro storico di Trento venga trascurato.
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Perché il “centro” non può ridursi nei suoi luoghi più significativi ad essere palcoscenico solo di festival o di movide, di sgorbi sui muri e di capannoni smontati e rimontati, mentre i negozi restano sempre più vuoti, certo non solo per il Covid, ma per gli affitti esosi e per lo smodato “liberi tutti” lasciato agli immobiliaristi della grande distribuzione. Piazza Duomo non ha bisogno di restauri e neppure di “accanimenti” urbanistici, come pur alcuni avevano ipotizzato negli anni trascorsi, ma chi la percorre, o chi vi sosta, deve non solo poterla ammirare con gli occhi, ma respirarla con l’anima.
Piazza del Duomo non può essere un “salotto buono” (quello piaceva alle vecchie zie e a entrarvi si sentiva sempre un po’ di odor di chiuso), era anche il luogo dei comizi e delle processioni, ed è bene che ci sia il mercato settimanale, uno dei momenti vivi della città assieme alle cordiali e provvidenziali bancarelle di piazza Erbe e piazza Vittoria, ma deve mantenere il richiamo armonioso delle sue presenze, con strutture leggere fra la Cattedrale, il Pretorio e il Nettuno, che già dicono tutto della città e della sua storia. In funzione dei festival peraltro, ma non solo, anche per la quotidianità, per l’offerta commerciale, per l’accessibilità, va ripensato tutto il centro storico: l’usura alla quale la piazza viene sottoposta, insieme all’abbandono in cui troppi altri luoghi vengono lasciati.
Questi mesi prima dei “mercatini” possono ben servire ad una riflessione dalla quale poi ripartire.
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