La firma del presidente del Consiglio Draghi in calce al Dpcm è arrivata nella serata del 12 ottobre, e con essa l’ufficialità di quanto si sapeva già da qualche tempo: a partire dal prossimo venerdì 15 ottobre scatterà l’obbligo di presentare il Green pass per accedere in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, eccetto, ovviamente, per le persone escluse dalla campagna vaccinale per motivi di salute. Una regola che rimarrà in vigore almeno fino al 31 dicembre, quando è prevista la scadenza dello stato d’emergenza, e che coinvolgerà su scala nazionale circa 23 milioni di lavoratori.
CHI DEVE CONTROLLARE
“I datori di lavoro definiscono le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro”, spiega il Governo, che oltre all’applicazione gratuita “VerificaC19” metterà a disposizione “specifiche funzionalità che consentono una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni”.
Per evitare ritardi e code durante le procedure di ingresso, il controllo del Green pass potrà avvenire anche “successivamente, a tappeto o su un campione quotidianamente non inferiore al 20% del personale in servizio, assicurando la rotazione e quindi il controllo di tutto il personale”.
SANZIONI: CHI È SENZA, PAGA
La responsabilità dei controlli cade quindi sui datori di lavoro, che per la mancata verifica rischiano multe tra i 400 e i 1.000 euro, mentre il lavoratore che accede al luogo di lavoro senza Green pass incorre in una sanzione amministrativa che va dai 600 ai 1.500 euro. Nessun rischio di perdere il lavoro, come i contrari al provvedimento avevano paventato, ma chi è sprovvisto della Certificazione verde, sarà considerato assente ingiustificato, e non percepirà lo stipendio o qualsiasi altra componente della retribuzione, anche di natura previdenziale; i giorni di assenza ingiustificata inoltre non concorreranno alla maturazione delle ferie e comportano la perdita della relativa anzianità di servizio.
IL GARANTE DELLA PRIVACY
Sul Dpcm che introduce “nuove modalità di verifica del Green pass in ambito lavorativo pubblico e privato”, si è espresso in via d’urgenza anche il Garante della privacy, chiamato in causa in particolare sulle attività di verifica del possesso della Certificazione attraverso modalità alternative all’app VerificaC19, come l’impiego di un pacchetto di sviluppo per applicazioni rilasciato dal Ministero con licenza open source. L’Autorità ha precisando che “l’attività di verifica non dovrà comportare la raccolta di dati dell’interessato in qualunque forma, ad eccezione di quelli strettamente necessari, in ambito lavorativo, all’applicazione delle misure derivanti dal mancato possesso della certificazione. Il sistema utilizzato per la verifica del Green pass non dovrà conservare il Qr code delle certificazioni verdi sottoposte a verifica, né estrarre, consultare registrare o comunque trattare per altre finalità le informazioni rilevate”. “I dipendenti dovranno essere opportunamente informati dal proprio datore di lavoro sul trattamento dei dati attraverso una specifica informativa”, conclude il Garante.
E LO SMART WORKING?
Chi lavora sempre in smart working deve avere il Green pass? “No – spiega il Governo nella sezione dedicata alle domande frequenti sui provvedimenti in atto -, perché il Green pass serve per accedere ai luoghi di lavoro. In ogni caso lo smart working non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di Green pass”.
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