Sette donne uccise in nove giorni. È l’Afghanistan? No, è l’Italia. Uccise in famiglia, quasi sempre da mariti o compagni, o da ex, oppure da altri familiari o amici. Non da invasori stranieri. Le violenze peggiori non vengono da fuori. Vengono da dentro le nostre case, le nostre famiglie, i nostri paesi. Se la politica invece di prendersela con gli stranieri se la prendesse con i “nostri” che uccidono le “nostre” donne, ogni giorno, forse si farebbe un passo in avanti nel guarire da questa terribile malattia sociale.
Né si può immaginare di arginare la violenza in casa se poi si inonda di violenza verbale e fisica la vita pubblica. Anche la retorica sulla famiglia, spesso dominante in ambito cattolico, e che ignora le oppressioni e le violenze di cui è capace la famiglia stessa non fa un buon servizio né alla famiglia né alle donne, e nemmeno ai bambini, altre, frequenti, vittime. La difesa e la promozione della famiglia sono tali se non ne ignorano le degenerazioni, se le denunciano, se cercano di guarirle, con lucidità e realismo, andando a rimuoverne le cause. Sociali, culturali, di mentalità, di idea di donna e di uomo dominanti. La Diocesi ha coraggiosamente promosso nelle chiese dopo il delitto di Deborah Saltori, madre di quattro figli, uccisa il 22 febbraio dall’ex compagno a Cortesano, frazione di Trento, la simbolica iniziativa “un posto occupato”, un drappo rosso su una sedia vuota per ricordare le donne vittime di violenza. Ma bisogna insistere e far diventare discorso quotidiano, chiaro e concreto, questa lotta alla violenza in famiglia.
Sette donne assassinate in nove giorni. Il 5 settembre, Chiara Ugolini, 27 anni, uccisa da un vicino a Calmasino di Bardolino (Verona); 8 settembre, Ada Rotini, 46 anni, uccisa dal marito a Bronte (Catania); 9 settembre, Eleonora di Vicino, 85 anni, uccisa dal figlio a Marano-Pianura (Napoli); stesso giorno, Angelica Salis, 60 anni, uccisa dal marito a Quartucciu (Cagliari); 10 settembre, Rita Amenze, 31 anni, uccisa dal marito a Noventa Vicentina (Vicenza); 13 settembre, Sonia Lattari, 42 anni, uccisa dal marito a Fagnano Castello (Cosenza); stesso giorno, Giuseppina Di Luca, 46 anni, uccisa dall’ex marito a Agnosine (Brescia). Una strage infinita. Persone normali che uccidono persone normali. Spesso in piccoli paesi, anche in frazioni. Luoghi “ameni”, “sereni”, “tranquilli”, che mai avrebbero fatto parlare di sé le cronache se non fosse stato per il femminicidio. I peggiori talebani sono nelle nostre case, sono come noi, vestono come noi, parlano come noi, pensano come noi. Non imbracciano mitra, non inneggiano ad Allah, non costringono le loro donne a indossare il burka. Ma le uccidono, le uccidono ogni giorno, giorno dopo giorno. Con lucidità, con spietatezza, a volte con una ferocia da far inorridire.
Dal primo gennaio al 5 settembre 2021 su 186 omicidi che ci sono stati in Italia, 76 sono di donne. Una ogni tre giorni. E 66 su 76 sono state uccise in ambito familiare/affettivo. Accanto agli omicidi ci sono migliaia e migliaia di atti di violenza quotidiani, piccoli e grandi, contro le donne. È dall’accettazione e dalla sottovalutazione di questa diffusa violenza quotidiana che poi nascono gli spietati omicidi. Non sono fulmini a ciel sereno. Anche in Trentino, anche in Alto Adige ogni anno si continuano a uccidere donne in famiglia. C’è stata, il 22 febbraio, la tragedia sdi Deborah Saltori, a Cortesano, frazione di Trento. E il 29 dicembre 2020 c’era stato l’omicidio di Agitu Ideo Gudeta, 42 anni, uccisa a Frassilongo da un suo dipendente. In Alto Adige il 30 gennaio 2021, a Versciaco, in Val Pusteria, Fatima Zeeshan, 28 anni, è stata uccisa dal marito. Il 18 luglio a Lana, nella casa di riposo di Lorenzhorf, Maria Walscher, 78 anni, è stata uccisa dall’ex compagno. Persone normali che uccidono persone normali.
Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, rete nazionale dei centri antiviolenza (www.direcontrolaviolenza.it) ha reagito alla strage di questi giorni chiedendo alle istituzioni tutte di “farsi carico della mattanza cui stiamo assistendo, con urgenza e concretezza”, mettendo in campo nell’immediato “misure per affermare il rispetto dei generi e prevenire la violenza sulle donne, partendo da quanto prevede la Convenzione di Istanbul che è legge dal 2014 ma che resta sostanzialmente inapplicata”. Ha ricordato inoltre che il Piano nazionale antiviolenza 2020 è scaduto, ma non è stato ancora fatto quello 2021”. La ministra degli Interni Lamorgese ha invitato le donne a “denunciare subito alle forze dell’ordine e alla magistratura le situazioni di pericolo”, utilizzando anche il numero di pubblica utilità 1522, gratuito anche per i cellulari e funzionante 24 ore su 24. Per avere aiuto, o anche solo per un consiglio. Le donne non abbiano paura a proteggersi. E trovino una società che fa la sua parte. Nessuno può assistere passivamente a questa strage quotidiana.
Lascia una recensione