Torna per il terzo anno l’appuntamento estivo con il cinema all’aperto al Castello del Buonconsiglio, curato dal Coordinamento Teatrale Trentino nell’ambito della rassegna diCastel inCastello organizzata dal Centro Servizi Culturali S. Chiara e dal Castello del Buonconsiglio, che attraverso cinque film si propone di raccontare la vita di pittrici che hanno fatto la storia dell’arte dal Seicento a oggi.
La rassegna prenderà vita nelle serate di mercoledì, dal 28 luglio al 25 agosto 2021 alle ore 21, quando la magia dell’affascinante scenografia notturna di Castelvecchio si legherà al tema della mostra evento dedicata a Fede Galizia, pittrice di origine trentina che ebbe successo in epoca barocca.
La prima proiezione, mercoledì 28 luglio, sarà del film “Artemisia Gentileschi. Pittrice guerriera”, di Jordan River con Angela Curri e Melissa Pignataro. Un docufilm che racconta vita e opere di Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1654), pittrice italiana di scuola caravaggesca e prima donna della storia a essere ammessa in un’accademia di disegno, quella di di Firenze.
Un viaggio onirico tra i lavori di Artemisia Gentileschi, simbolo del femminismo mondiale per il suo carattere e la strenua difesa della propria dignità professionale. Nel 1618, all’età di 23 anni, Artemisia Gentileschi diventa la prima artista donna ad avere una carriera internazionale, trovando la sua strada per la liberazione sia come donna sia come artista grazie alla pittura.
Mercoledì 4 agosto sarà la volta di “Ritratto della giovane in fiamme”, di Céline Sciamma, con Noémie Merlant, Valeria Golino, Adèle Haenel, Luàna Bajrami. Francia, 1770. Marianne, una pittrice, riceve l’incarico di realizzare il ritratto di nozze di Héloise, una giovane donna appena uscita dal convento. Lei però non vuole sposarsi e quindi rifiuta anche il ritratto. Marianne cerca allora di osservarla per poter comunque adempiere al mandato. Scoprirà molte cose anche su di sé.
Mercoledì 11 agosto invece in programma c’è “The Danish Girl”, di Tom Hooper, con Eddie Redmayne, Alicia Vikander, Amber Heard, adattamento del romanzo La danese (The Danish Girl), scritto nel 2000 da David Ebershoff e liberamente ispirato alle vite delle pittrici danesi Lili Elbe e Gerda Wegener. Copenhagen, primi anni ‘20. L’artista danese Gerda Wegener dipinge un ritratto del marito pittore Einar vestito da donna. Il dipinto raggiunge grande popolarità e Einar inizia a mantenere in modo permanente un’apparenza femminile, mutando il suo nome in Lili Elbe. Spinto da ideali femministi e supportato dalla moglie, Elbe tenta di effettuare il primo intervento per cambio di sesso da uomo a donna. L’intervento avrà grosse ripercussioni sul suo matrimonio e sulla sua identità.
Il penultimo appuntamento, mercoledì 18 agosto, è con “Séraphine”, di Martin Provost con Yolande Moreau, Ulrich Tukur, Anne Bennent. La pellicola, ambientata in Piccardia nel 1914, racconta la storia di Séraphine Louis, un’umile governante che di giorno lavora come donna delle pulizie e lavandaia a cottimo e di notte dipinge fra le mura di un piccolo appartamento. Séraphine non ha alcuna conoscenza delle tecniche pittoriche. La sua arte trae forza dalla fede religiosa e dalla contemplazione delle forme della natura. Un giorno, presso la casa nella quale presta servizio, viene ad alloggiare il celebre critico d’arte tedesco Wilhelm Uhde, fra i più importanti collezionisti e mecenati delle esposizioni parigine. Uhde, dopo aver scoperto per caso uno dei quadri della domestica, rimane impressionato dai colori e dalla grande vitalità della sua arte e decide di coltivarne il talento.
Infine, mercoledì 25 agosto, la rassegna si chiude con “Big Eyes”, di Tim Burton, con Christoph Waltz, Amy Adams, Krysten Ritter, la storia del pittore Walter Keane che negli anni Sessanta stupì l’America con i suoi quadri raffiguranti ragazzini dai “grandi occhi”. I protagonisti, interpretati sul grande schermo da Amy Adams e Christoph Waltz, sono una coppia di pittori realmente esistiti, Margaret e Walter Keane. La coppia avrà un successo travolgente per i quadri di soggetti con occhi enormi dipinti non da Walter, come verrà fatto credere da lui al mondo, ma dalla moglie, che lo trascinò dopo il divorzio in una disputa, sostenendo di essere stata lei a inventare quel segno distintivo.
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