Solidarietà, comunità, responsabilità, ripartenza. Sono alcune delle parole che nel tardo pomeriggio di sabato 26 giugno a Mori hanno accompagnato la breve cerimonia di preghiera interreligiosa durante la quale, nel giardino dell’oratorio, è stato piantato un ulivo, simbolo di pace per tutte le religioni. “L’idea di fondo è che rimanga qualcosa che ci ricordi dei momenti brutti che abbiamo vissuto e delle persone che abbiamo perso ma che sia anche un monito per ripartire tutti insieme come una comunità”, ha spiegato Antonio Martinelli, uno dei promotori dell’iniziativa. “Ciò che mi preme sottolineare è che in questo momento di ripartenza se tutti collaborano si riuscirà ad andare avanti, perciò vorrei che in futuro i bambini possano tornare a giocare sotto la sua ombra”.
La comunità è stata al centro anche della riflessione di Rosangela Silva Feitosa, consigliera comunale delegata alle pari opportunità e rappresentante della commissione speciale per le politiche sociali, che ha osservato come le varie iniziative di mutuo-aiuto proposte durante questo periodo, sia dalle associazioni sia singolarmente dai cittadini moriani, abbiano permesso di capire sempre di più l’importanza di lavorare in sinergia, “per ripartire tutti insieme attraverso una comunità che non è solo un insieme di persone ma che grazie all’accoglienza e alla consapevolezza valorizza le tante unicità che la compongono”. Anche il parroco don Augusto Pagan, ha voluto sottolineare quanto la comunità abbia bisogno di abbattere muri e superare le barriere per fare in modo che ciascuno si senta importante. “Come il mosaico che i ragazzi del Grest stanno realizzando, al quale se manca un pezzo si crea un buco, anche la nostra comunità deve saper accettare tutti”, ha aggiunto il parroco di Mori. “In questo periodo in cui ognuno è sempre pronto a scaricare le proprie responsabilità sugli altri e a criticare chi mette la faccia in ciò che fa senza timore, credo che il dono da coltivare insieme a questo ulivo che piantiamo è proprio la responsabilità da far crescere insieme aiutandoci davvero”.
La solidarietà è stata un’altra delle parole chiamate in causa durante la cerimonia. “L’ulivo è una pianta che può vivere oltre i mille anni, che non dà i suoi frutti dovunque, deve essere ben trattata, ben tenuta e curata, un po’ come noi esseri umani. Ma come faccio io a vivere più di cento anni?”, ha osservato Idris, rappresentante della comunità musulmana di Mori, che da anni in oratorio gestisce un corso di arabo. “Se durante la mia vita lascio un’impronta positiva verrò ricordato per sempre”. Idris ha poi voluto condividere un versetto del Corano che racconta di come la pianta di ulivo ci insegni la pazienza dopo il Covid, dopo le sofferenze che abbiamo avuto e dopo le persone che abbiamo perso, ma anche la solidarietà, la pace e l’amore.
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