Se il Festival quest’anno intende fissare i paletti dell’intervento dello Stato in economia, un terreno decisivo anche per l’innovazione è il Terzo Settore, che raccoglie le imprese sociali. Se ne è parlato nel Forum al Teatro Sociale di venerdì 4 giugno alle ore 14.30, moderato dal nostro direttore Diego Andreatta, con gli interventi della ministro per la disabilità Erika Stefani, di Carlo Borgomeo, Ivana Pais e del presidente di Euricse, l’economista Carlo Borzaga, che anticipa alcuni nodi.
Prof. Borzaga, è migliorato negli ultimi dieci anni il rapporto dello Stato con il Terzo Settore?
Direi di no. È aumentato di volume – perché sono cresciute le esperienze di collaborazione fra le due realtà – ma è peggiorato nella qualità. Abbiamo assistito in molti casi alla corsa alle gare di appalto anche nel sociale, forme di collaborazione pagate ma poi affidate con il criterio del massimo ribasso.
Perché in questi casi ne fa le spese la qualità del servizio?
Perché la gara al massimo ribasso non è il modo migliore per gestire questo tipo di appalti, anzi. C’è il rischio che vinca il peggiore, l’ultimo arrivato, quello che tiene i salari più bassi e si serve di molti lavoratori neoassunti. Vince la gara, ma non garantisce una sufficiente qualità. La pubblica amministrazione non dovrebbe solo preoccuparsi di disegnare il progetto dell’appalto, ma anche di garantirne un buon livello di efficienza.
Nel 4° Rapporto Iris Network, da lei curato, emergono molti stimoli affinché lo Stato valorizzi maggiormente il Terzo Settore. Anche per innovare…?
Certamente, lo insegna il passato. Lo Stato non deve dimenticare che molti dei servizi sociali in Italia sono stati inventati dal Terzo Settore. Pensate ai minori o ai disabili: sono state le cooperative sociali a favorire il superamento degli Istituti e a inventarsi dei servizi leggeri come i centri diurni, ecc. In tal caso la pubblica amministrazione si è poi adeguata: ha saputo collaborare, chiedendosi come potenziare questi servizi e come condividerne i costi. Un altro esempio è l’ambito dell’inserimento lavorativo.
Lei sostiene l’importanza della co-progettazione e della co-programmazione fra la Pubblica Amministrazione e gli enti del Terzo Settore. Perché?
Si tratta di strumenti di amministrazione condivisa previsti ora anche dall’art. 55 del Codice del Terzo Settore. Per fare rete bisogna cominciare fin dalla fase della progettazione, mettendo da parte logiche competitive per favorire invece logiche di costruzione del bene comune basate sulla fiducia reciproca.
A proposito, cosa hanno dimostrato i mesi della pandemia?
Che le imprese sociali hanno saputo dare grande prova di resilienza, riuscendo a “cambiare mestiere in corso d’opera” e intercettando i bisogni nuovi ma anche le risorse delle comunità. Anche di quest’esperienza documentata da una ricerca di Euricse lo Stato deve tenere conto.
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