I nomi di quei 102 bambini (perlopiù bosgnacchi e croati), dei quali si discute da anni per dedicare loro un monumento, saranno scanditi uno a uno dai partecipanti all’iniziativa che al braccio porteranno una fascia bianca. Verranno ricordati i 53mila perseguitati e deportati (31 mila rinchiusi nei lager) e i 3173 massacrati tra uomini e donne (256).
Lunedì 31 maggio a Trento, in piazza Adamo d’Arogno, dalle ore 17 alle 18, si svolgerà la Giornata internazionale delle fasce bianche che si tiene in un’ottantina di città italiane ed europee.
Il 31 maggio 1992 i cittadini non serbi di Prijedor, città della Repubblica Srpska a maggioranza serba che, con la Federazione croato-musulmana, compone la Bosnia Erzegovina, furono costretti a mettersi al braccio una fascia bianca per essere riconoscibili ed esporre al balcone di casa un lenzuolo per far sapere dove abitavano. Quel giorno iniziò il massacro. Uno dei più terribili “episodi” di efferatezza e pulizia etnica, se mai fosse possibile stilare una graduatoria, di cui sono costellate le guerre di dissoluzione della Jugoslavia degli anni Novanta del secolo scorso.
Nel 2012 a Prijedor un ragazzo, Emir Hodzic, andò davanti al municipio. Al braccio una fascia bianca. Urlò “No non ci sto” contro l’accordo di Dayton (Usa) del 1995 con il quale si pose fine alla guerra in Bosnia, fotografando la situazione presente sul terreno, non risolvendo, a tutt’oggi, rancori e divisioni etniche che prima del conflitto non c’erano.
Dall’anno dopo quella protesta solitaria si diffuse in altre città, in Italia come in Europa. L’iniziativa trentina è promossa dalle associazioni 46° Parallelo e Trentino con i Balcani in collaborazione con il Forum Trentino per la pace e i diritti umani e l’associazione Progetto Prijedor.
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