Consiglio del lunedì: prendetevi quattro minuti di tempo e riguardatevi il finale di tappa di ieri, sullo sterrato di Campo Felice.
Ah, l’avete già visto? Non importa, andate a cercarlo lo stesso e premete play: riassaporate ogni centimetro di quel fantastico arrivo, di quegli ultimi 1.500 metri: i due fuggitivi braccati, Moscon che sembra in motocicletta, il vantaggio dei due che si sgretola metro dopo metro, come un castello di sabbia:48, 43, 40, 37…
Vabbè, e poi quella fiammata gialla-rossa-blu che brucia il ghiaino riuscendo ad alzarsi sui pedali laddove gli altri possono solo stare seduti. E che non esulta perché, ammetterà poi, “credevo ci fossero altri corridori davanti”.
Una cometa colombiana che risplende nell’atmosfera resa cupa dalla polvere mescolata alla pioggia, e poi c’è anche per il nostro Giulio Ciccone, stupendo secondo, magnifica speranza per il ciclismo italiano di oggi e di domani, che fa sobbalzare il cuore dei tifosi.
Che ci crediate o meno, è successo tutto in quattro minuti: più o meno quanto serve a grigliare un arrosticino perfetto, sessanta secondi per lato, rigirandolo sulla brace. Ma quello, per oggi, può anche aspettare.
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