Il messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali (QUI IL TESTO COMPLETO DEL MESSAGGIO DI FRANCESCO) di quest’anno si gioca, in fin dei conti, su una salutare e provocatoria contraddizione. In tempo di pandemia, di distanziamento e, in generale, di restrizioni alla socializzazione, Francesco rilancia la prospettiva indicata da Gesù ai primi discepoli, desiderosi di conoscerlo da vicino: “Venite e vedrete”.
Tradotto in termini giornalistici, l’invito del Papa ai professionisti della comunicazione è tornare ad abitare le strade del quotidiano per poterne offrire un racconto diretto, non filtrato. Più in generale, inteso come sollecitazione alla Chiesa, esso va letto come sprone a non dimenticare la fondamentale dimensione comunitaria del credere: la fede si dà nella relazione con Dio, ma solo nella concretezza del percepirsi fratelli e sorelle immersi nella quotidianità. E mentre siamo tuttora fisicamente limitati nelle relazioni fisiche, immersi in un’incertezza senza precedenti, la provocazione per la comunità dei credenti/discepoli è evidente: fino a che punto siamo stati e saremo capaci di “andare e vedere” e, dopo aver visto, abbozzare qualche umile chiave di lettura? Dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo: su alcuni temi chiave sollevati dalla pandemia siamo stati sostanzialmente afoni. Pensiamo alla questione della morte che, spesso inattesa, ha fatto visita in molte delle nostre case privandole della generazione più in là con gli anni: abbiamo faticato a trovare parole “nostre” per descrivere quanto stava accadendo e lenire lacrime cariche di domande.
In quell’”andare e vedere” c’è la sfida – anche per i nostri media ecclesiali –, a cogliere non indizi eclatanti, ma segnali spesso deboli. Segnali che potremmo identificare come piccoli germogli: prendo – ma è solo un esempio – il ritrovarsi nelle nostre chiese in questi mesi di persone che da venti o trent’anni non si avvicinavano al Sacramento della Riconciliazione. Rivela un’evidente domanda di pacificazione interiore, ma in ottica comunitaria. Gesù ci ha aperto la strada e indicato un metodo: che cosa può rispondere oggi, la Chiesa, a chi desiderasse saperne di più del nostro essere popolo di Dio? Potrebbe permettersi un “Venite e vedrete”?
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