A cento anni dalla nascita di Sophie Scholl abbiamo intervistato Paolo Ghezzi, giornalista e studioso della Rosa Bianca che ha scritto di Sophie nei libri “La Rosa Bianca” (San Paolo), “Sophie Scholl e la Rosa Bianca” (Morcelliana) e “La Rosa Bianca non vi darà pace” (Il Margine).
Ghezzi, una domanda personale: quando ha “scoperto” Sophie Scholl e che cosa l’ha personalmente affascinata della sua figura?
Avevo 34 anni quando la Rosa Bianca italiana mi incaricò di scrivere un libro sulla Weisse Rose. Paolo Giuntella aveva chiamato così l’associazione dei giovani cattolici democratici italiani, rendendo omaggio a una storia familiare raccontata da suo padre, Vittorio Emanuele, internato in un lager. Io conoscevo la storia ma non nei dettagli. Me ne sono appassionato perché è una storia di “resistenza allo stato puro” (senza calcoli e senza secondi fini politici) e anche perché ho potuto incontrare alcuni testimoni diretti, a Monaco; sono diventato amico di Franz Josef Müller, allora maturando di Ulm, amico degli Scholl, condannato a 5
anni di carcere nel primo processo; e di Anneliese Graf, sorella di Willi e coetanea di Sophie. Sono riuscito a “sentire” Sophie Scholl come coetanea e contemporanea: in fondo era nata un anno prima di mia mamma, poteva essere ancora viva e raccontarci la sua storia. Una ragazza suggestiva: schiva ma determinata, non appariscente ma dallo sguardo penetrante, dura con se stessa e dolce con gli altri.
Dopo aver ripercorso la vita e gli scritti di Sophie Scholl possiamo sintetizzare in tre elementi la forza della sua testimonianza?
Di Sophie, la più giovane e l’unica ragazza del gruppo, mi colpirono subito tre C: Cuore, Coerenza, Coraggio. Il cuore perché il cervello ha bisogno di empatia. La coerenza perché altrimenti gli ideali restano parole vuote. Il coraggio di mettere in gioco la vita per affermare i diritti di tutte le vite.
Che cosa colpisce della spiritualità di Sophie?
La ricerca, spesso sofferta, di un Dio misterioso e sfuggente. Il bisogno di un Totalmente Altro con cui dialogare. La spiritualità libera come alternativa al materialismo dell’educazione nazionalsocialista.
La graphic novel di Romagnoni s’intitola “Sophie, ragazza d’Europa?”, in che senso dobbiamo interpretare questa definizione?
La Weisse Rose, nei suoi volantini, propone e incarna un’idea, spirituale e politica, di giovane Europa. Un continente accogliente e non più diviso in nazionalismi fratricidi. Un’Europa federale, democratica, dei popoli. Sophie, con il suo gusto per l’arte e per i libri, per la musica e per il rapporto con la natura, è una ragazza dell’Europa anni Quaranta del ’900 ma è perfetta anche per gli anni Venti del ventunesimo secolo.
Nelle scene di vita quotidiana del fumetto ritornano spesso la chitarra e la bicicletta: cosa rappresentano?
La chitarra non è solo l’espressione della creatività; è uno strumento che si suona con gli amici, intorno al fuoco. Un mezzo per sentirsi parte di un gruppo, con una sensibilità e uno spirito diversi da quelli prescritti nella gioventù nazista. La bicicletta è l’idea della libertà e del viaggio: Sophie ha sofferto soprattutto della chiusura delle frontiere e di non aver potuto fare tutti i viaggi che sognava. Viveva, come i suoi coetanei, una Germania chiusa, angusta, asfissiata dalle ossessioni della dittatura.
Cosa pensa dell’operazione di far dialogare Scholl con due ventenni trentine del 2021?
Eccellente idea. E originale. Se i martiri della Resistenza si immobilizzano in figure mitiche, in santi laici meritevoli solo di liturgie, sono un oggetto di culto. Invece con Sophie, nostra contemporanea, si può dialogare.
Cosa si augura dopo questo centenario, anche dalla diffusione di questi nuovi strumenti di divulgazione che utilizzano linguaggi nuovi?
Che altre ragazze come Maddalena e Chiara si possano “innamorare” di Sophie Scholl, e soprattutto dei suoi grandi amori: la libertà, la giustizia, la fraternità, l’avventura di vivere. E che i ventenni di oggi sappiano coltivare dentro di sé la rosa bianca di Sophie, cioè un cuore tenero e un’intelligenza critica. Per essere pronti alle nuove resistenze che la vita gli riserverà.
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