Agnese Rosa, una fede che muove le montagne

Agnese Rosa vista dalla matita di Giorgio Romagnoni

Non era una pora fonna, una “povera donna”, come la chiamava chi sosteneva che il suo sogno di bucare la Rocchetta per realizzare un tunnel che collegasse la Valle di Ledro e l’Alto Garda fosse una follia. Agnese Rosa, per vent’anni sindaca di Molina di Ledro, riuscì nel suo intento: il 4 maggio del 1988 terminavano i lavori di costruzione della galleria.

La “maestra Agnese” nasce il 1° settembre del 1921. Frequenta le magistrali, ma è costretta a rinunciare all’università a causa della guerra. Il suo primo impiego da maestra la porta a Rimini, dove per due anni segue giorno e notte 35 ragazzi libici mentre studia per il concorso di abilitazione all’insegnamento. Passata la prova per diventare maestra, arriva in Istria, dove rimane fino al 1943, quando le ostilità cominciano a preoccuparla, tanto che un giorno sviene per strada. “Dalla mia finestra vedevo in lontananza le luci del porto di Trieste”, diceva, “e tante notti mi addormentavo così, con le braccia incrociate sulla finestra”.

Dall’Istria torna in Valle di Ledro, dove prosegue l’attività di insegnante. Diventa anche volontaria delle Acli, appassionandosi ai “problemi della gente”: si occupa di pensioni, ricongiungimenti di chi ha lavorato all’estero e ristrutturazione delle case. Grazie al sostegno del segretario comunale Lino Piva, ben presto Agnese Rosa entra in politica, per trent’anni come consigliera comunale della Democrazia Cristiana e per vent’anni, dal 1976 al 1995, come sindaca di Molina di Ledro.

Ed è poco dopo l’inizio del suo mandato di sindaca, la notte di Santa Lucia del 1976, che la Valle di Ledro comincia a tremare: il terremoto distrugge la strada del Ponale, che collegava la vallata con l’Alto Garda. Sono le 6.45, e Agnese Rosa si precipita subito nella sua scuola; ciò che vede la sconvolge: “le grandi lavagne fisse alle pareti erano state sradicate dalla furia del sisma e giacevano in frantumi per terra”, scrive in “Una leggenda diventata realtà: la storia del tunnel”, il suo libro-memoria pubblicato nel 2008. Uscita dalla scuola, Agnese Rosa si reca subito lungo la strada del Ponale, che i geologi avevano dichiarato pericolosa già da anni: nel viaggio, stringe tra le mani il rosario e invoca la Madonna di Barcesino, alla quale affiderà spiritualmente l’intera opera di costruzione del tunnel. “Ed allora”, scrive nel suo libro, “era la paralisi, la disperazione, per tutti gli abitanti della valle, per i quali la strada era la vita, era la condizione imprescindibile alla sua sopravvivenza: era il mezzo unico e irrinunciabile per raggiungere il posto di lavoro e la sede della scuola”. In quel momento, in Agnese nasce una certezza: c’è bisogno di una strada nuova “nel cuore della Rocchetta”, perché la Valle di Ledro non può rimanere isolata. L’indomani convoca tempestivamente i vertici della Provincia e l’Anas, determinata nel far puntare i riflettori sulla “sua” Valle, sulla “sua” gente. La sua idea è giudicata “assurda, impossibile”, e liquidata dai più come il sogno della sindaca di Molina, una pora fonna, “una povera donna”. Il presidente della Provincia Giorgio Grigolli, però, appoggia sin da subito il progetto di Agnese Rosa, e ottiene un incontro con il ministro Gaetano Stammati, che il 28 ottobre del 1978 arriva in Valle di Ledro per parlare con la sindaca di Molina e, dopo averla sentita parlare, le dice: “Io le darò la strada perché la sua valle possa continuare a vivere”.

Il tunnel, oggi, è una galleria lunga oltre tre chilometri e mezzo, ribattezzata “Galleria Agnese” e “El bus de l’Agnese”. Nel corso di un’intervista rilasciata a Vittorio Colombo de “L’Adige”, Agnese Rosa gli mostra il polso della mano sinistra, fasciato da un rosario bianco, e gli dice: “Ecco quello che muove le montagne. La fede le muove e perfino le buca”.

Agnese Rosa è conosciuta soprattutto per il tunnel che ha bucato la Rocchetta, ma in un libro (“Agnese Rosa – Una donna per la sua comunità”) le nipoti Lorenza Donati e Alice Righettini l’hanno raccontata a tutto tondo. Il volume nasce da un’intervista svolta nel 2009, quando Agnese Rosa aveva quasi novant’anni (morirà nel 2014). Oltre alle parole della sindaca, la quarta a diventare prima cittadina in Trentino, ci sono anche i racconti di chi l’ha conosciuta. Ricordando i tempi in cui si progettava “El bus de l’Agnese”, Grigolli ha detto: “Allora me la trovavo in ufficio alle otto, prima ancora che arrivassi, e le chiedevo: Cosa fa qui?, e lei iniziava col dire: …ma io, il mio popolo, la mia gente… Allora c’era poco da fare, occorreva aprire le porte, gli uffici, chiamare l’ingegnere e dirgli: Guarda, questo e quest’altro”.

Ad Agnese Rosa, infatti, la Valle di Ledro deve anche altre opere: l’acquedotto, il centro sociale di Molina, la spiaggia di Besta e la bonifica della vecchia fabbrica di Molina, la Collotta-Cis. Quest’ultima era completamente inquinata dall’amianto. “Ce n’erano troppi che morivano”, spiega Agnese alle nipoti nell’intervista. “Io ricordo che ero bambina e ricordo che si diceva: Hai visto Vittorio come è giallo? Certamente è la fabbrica. Ricordo queste parole. Si è diffusa in tutta la popolazione questa sensazione, questa credenza che la fabbrica, sì, avrà dato da mangiare a tante persone, ma era un lavoro traumatizzante”.

Agnese Rosa viene informata del problema dell’inquinamento da amianto dal medico del lavoro Giuseppe Parolari, che un giorno si presenta nel suo ufficio e le dice: “Ho scoperto che lì c’è l’amianto. Se parlo io che sono comunista non vengo ascoltato. Se mi dà una mano possiamo fare ricerche per arrivare a qualcosa di positivo”. Agnese Rosa accetta subito (“Comunista o no, non m’importa, quello che m’importa è la salute della mia gente”, gli dice), e i due vanno a visitare la fabbrica – ormai chiusa – tra il 1979 e il 1980. Nel 1989 la Collotta-Cis viene completamente bonificata: è il primo intervento del genere in tutta Italia.

“Siccome la grande maggioranza dei lavoratori della Collotta-Cis erano originari di Molina, la disponibilità di quel Comune è stata fondamentale”, racconta Parolari in “Agnese Rosa – Una donna per la sua comunità”. “Andando avanti con lo studio si è poi visto che i dubbi, segnalati inizialmente da alcuni lavoratori e da qualche medico ospedaliero, erano fondati: è risultato evidente un notevole eccesso di mortalità per tumori e asbestosi fino ad arrivare a settantacinque decessi di fine 2008, data dell’ultimo aggiornamento dello studio, causati dall’esposizione ad amianto della Collotta-Cis”.

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