La qualità forse maggiore di Gino Tomasi nella sua vita è stata l’umanesimo pieno con cui l’ha attraversata, fra natura, cultura e amicizia. Il suo segreto è stato aver portato umanità alla scienza, curiosità all’esistenza, cordialità agli studi. Per questo viene ricordato e rimpianto in un mondo tanto mutato, sempre più ristretto in ambiti specialistici e virtuali, dove il respiro di naturalità libere sembra cedere al determinismo di volontà distruttive.
Gino Tomasi aveva interessi vasti, rappresentati dalla sua doppia passione per la ricerca entomologica (gli insetti rivelatori della salute di un ambiente, sempre più rari perché cancellati dall’inquinamento) e la raccolta delle antiche carte geografiche, che non era solo un hobby, ma quasi una filosofia di vita. Le mappe, infatti, sono la sintesi – anche estetica e simbolica – di tutti gli elementi che rappresentano e identificano un territorio.
Una carta geografica non serve solo a raggiungere una meta, serve a capire un territorio, a leggero nei suoi elementi per poterlo vivere meglio. Non è un supporto cartaceo del più svelto Gps, è la sintesi di un ambiente, la chiave per entrarvi. Tomasi ricercava le carte del territorio tridentino e tirolese, ovunque potesse trovarle nei suoi viaggi e nelle sue esplorazioni, nei cataloghi antiquari come sulle bancarelle, affascinato dai loro particolari e ornamenti, ma soprattutto curioso di come nelle varie epoche il Trentino veniva rappresentato nelle sue mirabili diversità, dai paesaggi mediterranei di Toblino alle distese artiche dell’Adamello, Scienza e bellezza.
Tenere una buona mappa in tasca, infatti, dà un valore aggiunto di sicurezza cordiale ai percorsi di un ambiente, così come un brindisi dà cordialità a un discorso anche impegnativo fra amici. Era una cordialità che Gino Tomasi apprezzava e sapeva anche volgere ai fini della sua vocazione e professione naturalistica, in una posizione dirigenziale che richiedeva spesso non facili mediazioni con le amministrazioni pubbliche e i rappresentanti del potere.
Fu anche questa “cordialità” a rendere Tomasi molto amico della Sat, tanto da essere relatore in numerosi congressi del sodalizio. Per questo il prossimo anno, che vede i 150 anni della Sat e i 70 del Filmfestival della Montagna, sarebbe l’occasione giusta per ricordarlo. A Gino, certo, non sarebbe dispiaciuto un piccolo vicolo (non amava le ostentazioni) ma il modo più giusto per tramandarne la memoria sarebbe qualche iniziativa – non celebrativa, ma territoriale – sul “suo” Bondone.
Merita, ad esempio, che Sat, Filmfestival e Città di Trento riflettano su come impegnarsi a riportare le Viote ad una misura ambientale consona all’unicità meravigliosa della plaga, così insultata dal piastrone del megaposteggio e dallo stradone di accesso. Quanto alla funivia, se la si vuol fare, la si costruisca perché il Bondone sia godibile e fruibile in tutte le stagioni e in tutte le occasioni. E questo significa non una funivia diretta, ma in tre tappe, cosa tecnologicamente più che fattibile: a Sardagna per unirla alla città e promuovere le affascinanti passeggiate che il sobborgo offre, a Candriai, sempre più insediamento residenziale, a Vason per lo sci e un percorso reso sostenibile verso le Viote.
Merita pensarci, Gino Tomasi ne sarebbe contento.
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