Paolo Bellutta, un record man alla scoperta di Marte

Paolo Bellutta con i prototipi dei rover lanciati su Marte

C’è vita nell’universo? Un giorno ci trasferiremo su Marte? Sono solo alcune delle domande che gli studenti del liceo Rosmini di Rovereto hanno posto, nella serata di giovedì 8 aprile, in diretta streaming sul canale YouTube dell’istituto, allo scienziato roveretano Paolo Bellutta, che da anni lavora alla Nasa.

Per l’ingegnere, nato a Rovereto, si è trattato di un gradito ritorno, seppure a distanza: ha frequentato, infatti, il liceo Rosmini fino al 1976. Nel 1981, invece, si è laureato in Fisica all’Università di Trento. Dopo una breve esperienza alla Fondazione Bruno Kessler, nel 2004 si è trasferito a Pasadena in California dove è entrato alla NASA come membro del Mars Exploration Rover mission, il programma spaziale che ha portato alcuni rover alla scoperta di Marte. Specialista in computer science, Bellutta ha lavorato come pilota di rover, prima con Spirit, poi con Opportunity. Dal 2012 è ai comandi di Curiosity, che ancora esplora le sabbie di Marte. È l’uomo ad aver percorso più chilometri ai comandi di un rover. È stato addirittura premiato dal Guinness dei primati per questo particolare record.

Basterebbero queste poche righe a fotografare lo spessore del relatore della serata che, nel corso del suo intervento, ha spiegato agli studenti come si svolge il suo lavoro e cosa vuol dire pilotare un veicolo a distanza di 55 milioni di chilometri. “Non pensate che i rover si guidino con il joystick”, ha precisato lo scienziato. “Tra Terra e Marte la distanza minima è di cinque minuti luce, quindi le immagini che il veicolo acquisisce ci arrivano in differita e non avremmo modo di riaggiustare la traiettoria nel caso vedessimo un ostacolo. Perciò al mattino, noi ingegneri inviamo i comandi al rover che poi li esegue autonomamente e a fine giornata ci fornisce un report sulla sua salute”.

La Nasa ha iniziato a esplorare Marte con i rover nel 1997: dopo questo primo esperimento, nel gennaio 2004, è atterrato sulla superficie marziana Spirit che è rimasto attivo per tre anni, fino a quando non è rimasto incagliato in un cratere. “Sempre nel 2004 è stato inviato Opportunity che ha concluso la sua missione nel 2018 rimanendo intrappolato in una tempesta di sabbia”, ha raccontato Bellutta agli studenti collegati. “Il terzo in ordine cronologico è stato Curiosity, ancora oggi attivo, che insieme a Perseverance, arrivato a febbraio di quest’anno, ha il compito di ispezionare la superficie del pianeta”.

Una curiosità che lo scienziato ha voluto sottolineare è il fatto che su Marte i tramonti non siano rossi o arancio bensì blu. “La ‘nostra’ atmosfera raccoglie le lunghezze d’onda del blu facendoci percepire solo il rosso e l’arancione mentre per quella marziana succede esattamente l’opposto; sono presenti infatti delle polveri che assorbono prevalentemente il rosso” ha osservato Bellutta.

Un tipico tramonto blu, catturato dal rover Curiosity nel 2015. Foto NASA

Il racconto dello scienziato ha solleticato la fantasia degli studenti: tra le numerose curiosità non è mancata la domanda su una eventuale civiltà aliena. “Le stelle sono pressoché infinite, come i sistemi solari. Anche se però dovessero verificarsi le condizioni ambientali simili a quelle della Terra, le probabilità della nascita di forme di vita come la nostra rimarrebbero comunque basse”, ha precisato lo scienziato roveretano. “E anche se questa condizione dovesse verificarsi la comunicazione sarebbe impossibile; infatti, le tecnologie di telecomunicazione di questa eventuale civiltà dovrebbero essere allo stesso ‘livello’ delle nostre”.

Con i sistemi di propulsione attuali ci vogliono almeno sette mesi per raggiungere Marte, ha risposto Bellutta interrogato sulla possibilità di esplorare il pianeta rosso con missioni che implicano l’utilizzo di esseri umani. “Basti pensare che attualmente gli astronauti che lavorano nella stazione spaziale internazionale, che si trova a soli 400 chilometri dalla superficie terrestre, rimangono lì al massimo un anno. Le spedizioni su Marte – ha concluso Paolo Bellutta – dovrebbero durare almeno due anni e rimanere per così tanto tempo esposti alle radiazioni cosmiche è un grave rischio per la salute”.

Il rover Curiosity si fa un “selfie” sulla superficie di Marte. Foto NASA

Tra le interessanti questioni poste allo scienziato, anche la futuribile possibilità dello sviluppo di infrastrutture per permettere la vita umana su Marte. Uno scenario certamente allettante ma, sul piano scientifico – ha spiegato Bellutta – difficilmente realizzabile. “Per vivere su Marte, andrebbe creato un campo gravitazionale simile a quello terrestre, ma ciò di fatto è impossibile”, ha risposto lo scenziato. “E se anche riuscissimo a realizzare una atmosfera respirabile, sarebbe impossibile tenerla ‘ancorata’ a Marte, dove la forza di gravità è di gran lunga minore a quella terreste”.

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