Vittorio Parisi, che intaglia nel legno la speranza

Il lungo lockdown pandemico che si trascina dalla scorsa primavera rischia di travolgere in queste ondate successive lo stesso vivere quotidiano, ivi compresa l’arte. A meno che non incontri delle autentiche passioni maturate con l’impegno e l’esperienza.

Succede a Villa Banale, dove Vittorio Parisi, 92 primavere da poco compiute, proprio nel lungo lockdown del 2020 poi allungatosi in maniera imprevista anche nel 2021 ha riscoperto la sua antica passioncella dell’intaglio su legno, un’arte antica come l’uomo.

Un’arte che consiste nel rimuovere, mediante l’utilizzo di appositi strumenti come la sgorbia o il bulino, materia dal legno ma anche dalla pietra o metalli dolci, al fine di ornare oggetti e arredo, oppure creare opere d’arte vere e proprie.

La passioncella dopo essere andato in pensione venti anni fa si è trasformata in autentica professione, ma proprio questo prolungato lockdown la ha risvegliata: “Dopo mesi e mesi di inattività forzata, anche per trascorrere questo terribile tempo in armonia con me stesso e con gli altri ho ripreso in mano i miei attrezzi e mi sono rimesso ad intagliare il legno per fare quadretti di paesaggio, piuttosto che quadretti di fiori, ornamentali, segni zodiacali e altro ancora…” ci confessa candidamente mentre ci guida verso il suo “antro” il minuscolo ma fornitissimo laboratorio artigianale ricavato da una vecchia cantina al pianoterra della sua abitazione.

Vittorio Parisi, in pensione dopo il lavoro come guardiano della fonte di Comano, non deve inventarsi niente, perché artista e autentico artigiano lo era già nel sangue.

Così appena andato in pensione ha cominciato a dedicarsi anima e corpo alle sue passioni, l’arte dell’intaglio in primis, accanto all’arte di coltivar le viti, le più antiche rimaste in loco perché conservate nel loro “cultivar” originale nonostante le mode: un “cultivar” piuttosto unico legato alla vigna pavana “negrina”, una specie che non richiede trattamenti antiparassitari ma cresce con la natura, rigogliosamente. Eppoi la scrittura: ma questa è un’altra storia!

“Ho cominciato spinto da don Luciano Carnessali, che passava qui spesso per un bicchiere di vino di quello buono. Avevo fatto sul muro esterno le quattro stagioni con cemento, dopo il suo giudizio – “L’è en po’ rozo, ma el gà sogeti fantastici” – mi sono messo a fare altre opere, ma su legno…”.

E adesso? “Adesso mi sono messo di buzzo buono ed ho rispolverato la mia vecchia bottega e i vecchi attrezzi o sgolbie per superare questi momenti di tristezza. Anche per fare qualcosa di buono…”. Proprio gli anni scorsi Vittorio aveva fatto una mostra a Judicaria, il cui ricavato era stato devoluto alla LILT con la partecipazione del dottor Mario Cristofolini, grande amico ed estimatore di Vittorio Parisi.

Chiediamo a Vittorio come lavora il legno? “Mi procuro le liste di legno, noce, nazionale o sloveno, betulla (bianco), tek (nero), ciliegio, pesco, olivo (il più duro), abete bianco, poi a seconda dell’ispirazione scelgo i colori sulla mia ‘tavolozza’ e compongo il soggetto!”.

Quali sono i tuoi soggetti? “I più vari, ma sempre legati alla esperienza locale, come panorami, villaggi, situazioni di vita in comune. Tutto ordinato e semplice, con i nostri fiori, i nostri bei giardini. Pure il lavoro nei campi e nella vigna, mia vera passione…”.

In questo lungo lockdown un motivo di speranza. Buon lavoro, Vittorio!

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