Un sistema del cibo diversificato a tutti i livelli: dall’agricoltura alla distribuzione al consumo, per ridurre distanze e problemi e per portare in tavola piatti più naturali e salutari. Questo l’obiettivo del progetto europeo Foodiverse (Diversifying sustainable and organic food systems), lanciato mercoledì 10 marzo, con un evento internazionale online, che in tre anni di lavoro e con un finanziamento complessivo di un milione di euro, intende migliorare politiche del cibo e stili di vita nella prospettiva di uno sviluppo globale sostenibile.
Il progetto, coordinato dalla University of Giessen in Germania, è sviluppato da un consorzio internazionale a cui partecipano l’Università di Trento, la Oslo Metropolitan University, University of Coventry, e la Jagiellonian University of Krakow.
L’ateneo trentino partecipa con il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale e con il Centro C3A – Centro Agricoltura Alimenti Ambiente – e può dare un contributo decisivo al progetto europeo attraverso la collaborazione con il laboratorio vivente di “Nutrire Trento”, iniziativa che promuove forme di approvvigionamento più sostenibili tra la popolazione.
“La Commissione Europea ha varato il piano Farm to Fork, la nuova strategia agroalimentare europea, che vuole unire gli interessi del produttore e del consumatore. Uno dei principali obiettivi è portare in 10 anni l’agricoltura biologica ad almeno 25%“, spiega Francesca Forno, professoressa del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale.
“In questo contesto si inserisce il progetto Foodiverse che studierà la diversificazione nella produzione in relazione alle pratiche di consumo con l’obiettivo di individuare i meccanismi che possono aiutare a rendere la sostenibilità più accessibile e alla portata di tutti”, prosegue Forno. “Abbiamo la convinzione che la ricerca possa giocare un ruolo fondamentale nell’alimentare processi virtuosi soprattutto quando si incarna nei territori. A Trento abbiamo da anni avviato il progetto Nutrire Trento, un laboratorio vivente che ci piacerebbe valorizzare come pratica di ricerca anche nell’ambito di questo progetto”
Nonostante la ricerca europea sia appena stata avviata, ci sono però già dei dati che il primo lockdown ha fatto emergere con evidenza. “I sistemi alimentari diversificati, ossia caratterizzati da una pluralità di realtà produttive e distributive, alternative alla grande distribuzione organizzata, hanno dimostrato di essere maggiormente resilienti e quindi di resistere e reagire meglio alla crisi” osserva Francesca Forno. “Pensiamo a quanto è accaduto tra marzo e maggio dell’anno scorso. Nonostante tutte le restrizioni, in quei territori in cui i supermercati coesistono con le botteghe e il sistema agricolo è articolato in grandi e piccole aziende ci sono state meno code e i prodotti freschi dal territorio hanno continuato a raggiungere le nostre tavole, con benefici per la nostra salute e quella dell’ambiente in cui viviamo“.
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