Qual è stato e qual è il ruolo dei media nella pandemia? Un gruppo di ricerca coordinato dall’Università di Trento ha pubblicato uno studio sulla rivista scientifica “Frontiers in Psychology” che dimostra come l’informazione giornalistica può influenzare la preoccupazione per l’epidemia e, di conseguenza, l’adozione di misure di protezione personali e collettive.
La ricerca ha analizzato le risposte di un campione di 547 persone residenti in Italia, nel Regno Unito e in Austria. Il risultato illustrato dai ricercatori è che la preoccupazione per il contagio e la percezione del rischio sono strettamente collegate all’informazione.
“Abbiamo deciso di analizzare i processi che sottendono alla decisione di rispettare le misure di auto-protezione e che sono un fattore essenziale per fare una comunicazione efficace durante la pandemia”, spiega Nicola Bonini, professore di psicologia del comportamento del consumatore e direttore del Laboratorio di Neuroscienze del Consumatore al Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento.
L’analisi mostra che, a una reazione di preoccupazione nei confronti dell’epidemia, corrisponde una maggiore percezione del rischio e, conseguentemente, una maggiore disponibilità ad attuare un comportamento protettivo. “Un esito – commenta Bonini – che può sembrare banale. Molto meno scontato, però, è il risultato che fattori apparentemente ‘marginali’ siano in grado d’influenzare la reazione emozionale e successivamente l’attuazione del comportamento protettivo tramite un incremento nella percezione del rischio”.
Un esempio? “L’uso di un format comunicativo centrato sui decessi piuttosto che sui guariti – spiega Bonini – induce maggiore preoccupazione e maggiore percezione del rischio e, indirettamente, una maggiore disponibilità ad attuare comportamenti protettivi. Si noti come questo fattore permette di prevedere il comportamento protettivo più accuratamente di altri apparentemente più rilevanti come, ad esempio, la fiducia nelle istituzioni o la valutazione sull’efficacia della politica di governo”.
Questo studio, come spiega in un comunicato l’Università di Trento, non rimarrà un unicum nel panorama della ricerca dell’ateneo. Anzi. Nel corso del 2021 e del 2022, grazie a un finanziamento ottenuto con il Bando di Ateneo “Covid-19”, verrà studiato ancora di più come la comunicazione pubblica influenza i comportamenti protettivi in situazioni pandemiche.
Grazie alla strumentazione del Laboratorio di Neuroscienze, verranno portati avanti degli studi all’avanguardia. “Potremo misurare il ruolo delle emozioni effettivamente provate – conclude il professor Nicola Bonini – anche in maniera inconsapevole, e non solo quelle auto-riportate in un questionario. Ad esempio, saremo in grado di misurare i cambiamenti nel battito cardiaco, nella sudorazione della pelle o nella dilatazione pupillare in funzione del tipo di formato numerico utilizzato nella campagna mediatica”.
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