A dare manforte all’inesauribile zio Ezio ci aveva pensato la fedele nipote Michela Bressan. Ma purtroppo non è bastato ad impedirgli di appendere al chiodo le chiavi della sua “Bottega storica trentina” a Padergnone, dopo una vita di lavoro dietro il rustico bancone circondato da bottiglie anonime, salumi appesi al soffitto e piatti freddi preparati e serviti con garbo e gentilezza ad ogni ora della giornata, feriale o festiva che fosse.
Sia chiaro, nulla a che vedere con la mancanza di introiti o battibecchi in famiglia. La veneranda età del gestore della “Cantinota” (novantasette primavere sulla groppa il 12 febbraio) – ultimo in vita di tre fratelli messi al mondo da Rinaldo Bressan e Dina Grazioli – ha suggerito di tirare in remi in barca. Decisone sofferta, ci mancherebbe, ma a prevalere alla luce dell’attuale contesto pandemico è stata la sana ragionevolezza.
Comunque la si pensi, quando a chiudere i battenti è un pubblico esercizio di lunga data la comunità tutta perde un pezzo della sua anima. L’avventura imprenditoriale dei fratelli Alberto, Ezio e Luciano era iniziata nei durissimi anni della rinascita economica nel retrobottega di quello che dal 1933 era un negozio di generi alimentari rimasto sempre aperto, perfino in tempo di guerra, come pietra miliare di valligiani e turisti di passaggio. Vi si potevano acquistare pagnotte e companatico, o semplicemente portarseli appresso, per poi accomodarsi in cantina, dove si ordinava da bere. La mescita del vino era popolare e per un pugno di soldi si finiva spesso per tracannare a iosa. Non di rado si alzava il gomito, dopotutto chi mai conosceva la patente a punti.
Vigeva un solo imperativo, quello “de non trarlo en tera”. E nemmeno provarci con il Vino Santo, guai a sgarrare.
Innumerevoli le soste di comitive di francofoni diretti sul Garda, memorabili le sbaraccate tra amici prolungate fino a notte fonda. Altri tempi, si dirà. Pensando ai padroni di casa, con Ezio sempre in grembiule blu e cravatta, senz’altro.
I Bressan hanno incarnato lo spirito della semplicità, quello che non ha nulla da spartire con la gloria, il profitto o chissà che. Personaggi illustri si sono intrattenuti ai loro tavoli: dal senatore Bruno Kessler, tradizionalmente buon conoscitore delle osterie, allo scultore Othmar Winkler, al vescovo della diocesi di Bolzano e Bressanone Joseph Gargitter. Sullle pareti soffusamente illuminate, foto, autografi, motti e frasi senza tempo, oltreché monete e banconote fuori corso e utensileria d’antan. Nei momenti di maggior lavoro entravano in azione Cesarina, consorte di Ezio, e Mirta, dolce metà di Luciano, entrambe temprate dall’esperienza. Insomma, conduzione familiare di impronta casereccia e genuina.
“Mi porto dentro tantissimi ricordi di famiglia che non posso dimenticare”, intercala con voce tremante di commozione Michela, braccio destro dal 2008. Ora si volta pagina. Non resta che ringraziarli per i momenti felici e spensierati, per il loro squisito modo di essere e di fare lontano dalle luci della ribalta.
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