Con il vescovo nelle Case dell’accoglienza

Il Vescovo Tisi incontra operatori e ospiti di Casa S. Maria, in via Santa Croce a Trento. Foto © Gianni Zotta

Trento, 4 gennaio 2021 – “È stato molto interessante questo lungo pomeriggio. Forse nell’immaginario abbiamo ancora idee sbagliate dei nostri dormitori e dei senza dimora. Venendo qui vedi che non si offrono semplicemente dei posti letto, non si parla di numeri, ma s’accolgono persone, con le loro storie. La vera carità non è solo dare un piatto per mangiare. Mi piace quest’attenzione alle singole persone, anche le più vulnerabili, chiamate ognuna col proprio nome. Proseguiamo con questo lavoro di rete, che consente pure di monitorare le fatiche di una comunità”. All’uscita dalla storica “Bonomelli”, quasi avesse avuto un regalo d’inizio anno, don Lauro è contento della visita a ben sei realtà di accoglienza della Caritas: “Ho trovato una situazione migliorata rispetto a qualche anno fa”. Accompagnato dal direttore Alessandro Martinelli e dal delegato don Cristiano Bettega, si è reso conto sulla strada di quanto si riesce a fare per i senza dimora e quanto ancora manca, dopo l’allarme rilanciato a Natale. Un giro in forma privata – anche per favorire la confidenza degli ospiti – che Vita Trentina documenta come invito alla nostra Chiesa “ad esserci là dove si vive la fragilità perché – conclude il Vescovo – questo è il nostro primo compito”.

SAN NICOLÒ. La prima tappa è la risposta più recente. Quella che il 18 dicembre scorso la Caritas ha aperto in tempi record di fronte ad un’urgenza che “premeva” nelle liste d’attesa: l’arrivo a piedi dalle rotte dell’Est di numerosi Richiedenti Protezione Internazionale. Per loro, destinati altrimenti a dormire all’addiaccio fino all’ingresso nel progetto di accoglienza, la Diocesi ha riadattato in tempi record gli ampi locali di Villa San Nicolò, sede fino ad un anno fa di una comunità religiosa femminile.

Il vescovo Tisi all’esterno di Casa San Nicolò. Foto © Gianni Zotta

Non sanno l’italiano, ma dicono riconoscenza col sorriso, i primi undici ospiti, per lo più pakistani. Pensa già a qualche lezione d’italiano la coordinatrice del progetto Anita Scoz, che evidenzia la loro correttezza in queste prime settimane e la disponibilità ad autogestirsi in semiautonomia. “Bene. Benvenuti, io mi chiamo Lauro…” rompe il ghiaccio il Vescovo, che osserva una certa lontananza dal centro città. “No problem – gli rispondono – qui è molto meglio della strada”. E il dialogo prende calore, finisce con l’invito a cena per il Vescovo, il giorno che si potrà finalmente mangiare insieme un tipico piatto pakistano.

In Casa San Nicolò. Foto © Gianni Zotta

AL SENTIERO. All’inizio di via Saluga, nella sede che fu un tempo “Casa del Clero”, si respira nel multilingue saluto sulla bacheca un clima di comunità cosmopolita, unita sotto un tetto sicuro. Qui al “Sentiero” – 14 persone in tutto – albanesi e kossovari, ma anche trentini e senegalesi, convivono in modo abbastanza autonomo, accompagnati da operatori esperti come Walter Ferro: “Non siamo stati toccati dal Covid – racconta insieme a loro – anche se abbiamo dovuto chiudere con le visite dei volontari, una grande risorsa”. Don Lauro condivide un caffè, l’occhio va ai palloncini in soggiorno di un Capodanno beneagurante “Happy New Year”. Cosa vi aspettate dal 2021? “Che la situazione cambi – è la risposta pronta – speriamo che la vita si migliori. Non dipende solo da noi”.

Il Sentiero, in via Saluga. Foto © Gianni Zotta

SANTA MARIA. Era l’ex sede della CISL, nella centrale via Santa Croce, questa “Casa Santa Maria” dove le porte sono aperte 24 ore su 24: una scelta impegnativa – seguita da altre strutture – per allungare nelle ore invernali la possibilità di un rifugio al caldo. Com’è possibile? “Ci siamo riusciti individuando fra gli ospiti esperti tre persone che fanno da referenti a turno, – spiega il responsabile Enrico Boschetti, assieme all’operatore Michele Bevilacqua – “coprendo” anche la notte ci possono chiamare in caso di necessità”. Rientrano i 23 ospiti, nelle stanze arredate con due o quattro letti, per favorire la convivenza.

Casa Santa Maria, in via Santa Croce. Foto © Gianni Zotta

Alberto Viola, coordinatore dell’area Accoglienza di Caritas e Fondazione Comunità Solidale, illustra a mons. Tisi l’introduzione sei anni fa di uno sportello unico in via Endrici, al quale chi è senza dimora deve rivolgersi per entrare in una lista d’attesa che tiene conto delle disponibilità di posti letto in tutte le strutture. Ci sono criteri chiari che consentono una graduatoria oggettiva e impediscono che una persona debba “bussare” direttamente alla porta di una casa d’accoglienza, sentendosi magari dire a sera tardi che per lui non c’è posto. Ma lo Sportello Accoglienza non è l’unico canale attraverso cui avere accesso ai dormitori. “In alcuni casi – aggiunge Viola – vengono accolte direttamente persone intercettate dal “Tavolo vulnerabili” costituito da noi, dagli altri enti che si occupano di grave emarginazione, insieme a Comune e Provincia. Parliamo di persone con nome e cognome, molte delle quali sono seguite o riconosciute anche dai nostri quattro operatori dell’Unità di strada”. È l’idea di una rete che cerca di limitare “buchi” in cui possano farsi spazio situazioni durevoli di abbandono: sotto zero, potrebbero essere letali.

Foto © Gianni Zotta

CASA GIUSEPPE. “Santa Maria” guarda idealmente “Casa Giuseppe”, come si chiama l’altra struttura dove ci accoglie Giulio Bertoluzza insieme ad alcuni dei dieci ospiti che vivono quasi un’esperienza di coabitazione. È un’esperienza gemella a quella di “Casa Orlando”, seguita in Bolghera e gestita da Villa Sant’Ignazio, proiettata verso un coinvolgimento della comunità.

Foto © Gianni Zotta

SANT’ANGELA. L’altra struttura provvisoria, aperta in via straordinaria per quest’inverno dalla Chiesa trentina, è l’ex Casa di spiritualità familiare di via Rosmini, l’ex Casa Sant’Angela. In primavera cambierà proprietà, ma intanto ospita 22 persone di vari Paesi: ricevono il pranzo d’asporto al vicino Punto d’Incontro, mentre per la cena arrivano i cesti di Trentino Solidale. Fra gli operatori oggi è il turno di Fabien Njouoko, che sottolinea dentro la casa “un clima positivo”,

L’ex Casa Sant’Angela, in via Rosmini. Foto © Gianni Zotta

BONOMELLI. Come nelle altre strutture, la pandemia ha costretto a cambiare alcune regole anche nella storica Bonomelli sul lungadige Apuleio. Mascherine e distanziamento, ma anche numeri ridotti da 60 a 40 ospiti, disponibilità di locali per Covid e apertura prolungata a 20 ore. “Possiamo dire però che queste restrizioni ci hanno consentito di offrire più accoglienza ai nostri ospiti e la relazione è stata favorita”, il bilancio del responsabile Matteo Pedrotti, che accoglie mons. Tisi con Paolo Tranquillini, l’ultimo arrivato dei sette operatori.

Foto © Gianni Zotta

ALL’OSTELLO. L’Arcivescovo ha potuto concludere il suo giro in una realtà non Caritas, l’Ostello di Trento che dal 26 dicembre si è riconvertito, per iniziativa del Comune con appoggio della Provincia, all’accoglienza di 50 persone. La presentano il sindaco Franco Ianeselli e l’assessora Chiara Maule come soluzione provvisoria; qui si effettuano anche tamponi agli ospiti (un prelievo auspicato anche dai centri Caritas/Fondazione) e, dice la responsabile Eleonora Fait: “Quest’esperienza rappresenta un valore aggiunto per il nostro Ostello”.

Il vescovo Tisi nella struttura dell’Ostello della Gioventù. Foto © Gianni Zotta

Dalla finestra il luccicchio del quartiere con le sue anime nascoste: “Stare con le fragilità – riflette a voce alta don Lauro – questo è il futuro della Chiesa. Prendersi cura dei poveri, star vicino anche a chi si prende cura di loro. Trovo conferma alle tre priorità che ci siamo dati: la Parola e l’Eucaristia, dove si prende la forza per andare ai poveri, carne di Cristo, come dice il Papa. Tutto il resto per me è secondario”.

Foto © Gianni Zotta
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