Questa settimana, su Vita Trentina troverete un approfondimento sulla storia del servizio civile. Oggi viene naturale pensare che la difesa del nostro Paese può essere nonviolenta, ma un tempo non era così. Nella “Lettera ai giudici” del 1965, don Lorenzo Milani affermò che bisogna “avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”. Con queste parole, il prete di Barbiana dava voce ai disertori di tutte le guerre, riconosciuti oggi come obiettori di coscienza a pieno titolo. Inoltre, in quegli anni e negli anni a venire, alcuni ragazzi finivano in prigione per aver detto “no” alla leva militare, finché nel 1972 venne finalmente riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza.
Nel nostro servizio, la testimonianza di Mauro Odorizzi, obiettore di coscienza tra il 1980 e il 1981 a Villa Sant’Ignazio, uno dei primi enti ad accogliere gli obiettori di coscienza, sotto la spinta di padre Gigi Movia e di padre Livio Passalacqua. “Sentivo – ci ha raccontato Odorizzi – di essere un testimone della mia generazione e di quella precedente, che aveva lottato con un approccio politico antimilitarista molto forte”.
Parlano anche Giampiero Girardi, direttore dell’Ufficio Servizio Civile provinciale, che ha prestato servizio tra il 1981 e il 1982 alla Comunità Murialdo di Trento, e Antonella Valer, che ha svolto il suo Anno di Volontariato Sociale (Avs) alla Caritas di Trento. Allora, infatti, il servizio civile non era aperto alle donne, perché era definito prima “sostitutivo” e poi “alternativo” al servizio militare, quindi era appannaggio solo degli uomini. “I nostri colleghi – ci ha spiegato Valer – erano di fatto costretti a farlo; quindi il fatto che ci fosse qualcuno che si proponeva di farlo volontariamente destava scalpore”.
Per ricostruire la storia del servizio civile, abbiamo intervistato anche Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento e direttore della rivista Azione Nonviolenta, tra i primi a svolgere il servizio civile a Verona, la sua città, e Nicola Canestrini, figlio di Sandro, l’avvocato roveretano che difendeva gli obiettori di coscienza e che è venuto a mancare all’inizio dell’anno scorso.
I testimoni del servizio civile presente, che si divide in Scup (Servizio civile universale provinciale) e Servizio Civile Nazionale, sono Marika, Lavinia e Giacomo. Anche se, come ci hanno raccontato, la componente antimilitarista è andata sfumando, resta però il servizio civile inteso come esperienza di solidarietà e d’impegno per la comunità. “Condivido i valori del servizio civile – ci ha detto Marika – li ho sempre sentiti miei. Qui in Trentino sono anche molto ben manifestati e ricercati dall’Ufficio Servizio Civile provinciale. Sento che, parallelamente al percorso che sto facendo nell’ente in cui presto servizio, ne sto svolgendo un altro, di approfondimento di questi valori”.
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