Ricorre il 13 dicembre il centenario della nascita di Franco Bertoldi, pedagogista e studioso, scomparso nel 2005. Era nato il 13 dicembre 1920 a San Candido, secondogenito di otto figli. Fin da ragazzo dimostrò una grande curiosità intellettuale che lo accompagnerà per tutta la vita.
Dopo la maturità all’Istituto Magistrale di Trento, si diplomò, come privatista, al liceo scientifico, per iscriversi all’Università di Padova, dove si laureò con Norberto Bobbio in Scienze politiche. Contemporaneamente insegnò, prima in Slovenia, poi in Trentino, come maestro di scuola elementare e approfondì così le sue competenze pedagogiche. Tra le attività didattiche che fecero breccia all’epoca, a livello metodologico, ricordiamo un filmato fatto con i suoi alunni della scuola elementare di Gardolo. Il film era relativo alla Spedizione dei Mille, girato con alunni in costume e ambientato nei dintorni della scuola: un modo per spingere gli alunni a cogliere il senso storico di quella spedizione.
In quegli anni Franco Bertoldì iniziò anche a lavorare nel settore dell’economia trentina, diventando collaboratore della Camera di Commercio di Trento e giornalista pubblicista per i giornali locali e per Il Sole-24ore. Nel campo del giornalismo lavorerà tanti anni anche per riviste di taglio pedagogico, come Scuola e Didattica e Professionalità, editi dall’editrice La Scuola di Brescia.
Il suo stile pedagogico e la sua metodologia didattica colpirono il prof. Aldo Agazzi, docente di Pedagogia all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano e Brescia. Nel 1958 pubblicò per la casa editrice Vita scolastica di Brescia il testo La tecnica delle schede nella scuola elementare, nel quale spiegava l’importanza di far lavorare gli alunni tramite ricerche e il valore del lavoro di gruppo. Agazzi lo chiamò e gli propose di fargli da assistente all’università.
Per poter accedere al concorso statale per ottenere la cattedra universitaria, secondo la proposta di Agazzi, dovette passare a insegnare alle superiori. Fu docente all’Istituto tecnico per ragionieri di Trento e, dopo un anno, superati i vari esami di Stato, divenne Libero docente in Pedagogia presso la Cattolica di Milano e Brescia.
Come libero docente e come ordinario insegnò all’Università Cattolica del Sacro Cuore, alla Sapienza di Roma, concludendo la sua carriera come docente di Pedagogia generale presso l’Università di Trento. Sempre a Trento fondò il Seminario permanente di Pedagogia, proseguito poi quale Osservatorio sulla didattica, presso la facoltà di Lettere e filosofia, in collaborazione con Aldo Nardi.
Nella sua vita, appassionato della sua terra, Franco Bertoldi ha pubblicato vari libri su Trento, ha collaborato con la radio e con la televisione, con la Federazione Provinciale delle Scuole materne (convinto sostenitore della preparazione dei docenti), insieme all’amico e collega Gino Dalle Fratte, ma anche con enti e istituzioni di altre regioni.
Amava la sua terra, la sua gente, e credeva fortemente nell’educazione dei giovani e nell’insegnamento fondato sulla forte empatia con gli alunni e il buon esempio.
Riportiamo un passo dalla prefazione di Critica della certezza pedagogica (Ed. Armando Armando, 1981), testo ancora in fase di studio per contenuti e attualità: “…nel processo educativo esiste un’asimmetria fra chi agisce educando e chi agisce essendo educato… e questa asimmetria non si annulla nemmeno quando i due termini della relazione pedagogica sono di pari età… ciò sanno bene i corruttori del nostro tempo: essi sanno che la condizione di ‘operatore’ è definita dall’esercizio di un potere e che, al tempo stesso, essere titolari di un potere consente di agire come ‘operatore’. Di qui la facile equazione che assimila l’educazione all’influenza politica o peggio ancora all’influenza economica e la tremenda complicazione che investe il pedagogista e l’educatore quando tenta di decidere i fini… e gli strumenti del suo intervento. Le riflessioni che seguono sono appunto il tentativo di liberare la pedagogia – come scienza dell’educazione – dal controllo delle altre scienze quando queste ultime, passando dalla teoria alla prassi, cercano di imporre le loro finalità, sempre parziali, al fine sempre globale, dell’educazione”.
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