L’imprenditrice bresciana Francesca Morandi è una delle giovani che nei prossimi giorni parteciperà a The Economy of Francesco. Sconfiniamo volentieri in territorio lombardo per scoprire le motivazioni che hanno portato lei e tanti altri ragazzi a rispondere alla chiamata del Papa. “È un onore, Trento è la città di Chiara Lubich e mio marito ha origini trentine”, ci dice, prima di focalizzarsi sul tema.
Morandi, cosa vi ha spinti a partecipare?
La proposta dell’Economia di Francesco mi è subito parsa rivoluzionaria, non è una chiamata religiosa ma riguarda tutti: le nostre aziende, le nostre economie e le nostre città. Essere impresa sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale ma anche economica e sociale, vuol dire guardare al lungo periodo, creare valore anche per le future generazioni, gli stakeholders e le comunità nelle quali siamo immersi.
Quali sono i valori della vostra azienda che si rispecchiano nell’evento?
Siamo nati nel 1973 come piccola azienda di distribuzione di prodotti siderurgici. Nel 2000 mio padre ha creato Siderweb, una piattaforma di condivisione di dati, conoscenze e notizie del mondo siderurgico: un’intuizione che ci ha permesso di passare da logiche di mercato fatte di scontro e competizione allo scambio e alla trasparenza, che è una forma di sostenibilità. Altro aspetto è il provare a mettere la persona al centro e vedere l’impresa non solo come creazione di valore ma anche come attenzione all’uomo. Noi per esempio abbiamo trasferito una quota di minoranza ai nostri dipendenti storici, che sono entrati nel Cda.
Quali sono gli aspetti che colpiscono dell’iniziativa del Papa?
Come dicevo, lachiamata di papa Francesco è di portata rivoluzionaria e innovativa per due motivi: il primo è il fatto di rivolgersi ai giovani, che come ha scritto Luigino Bruni in un bellissimo articolo, a 50 anni dal ‘68 sono tornati ad essere il primo elemento di cambiamento e di vera innovazione sociale. Il secondo è l’idea del dialogo. Il Papa ci chiama a radunarci e confrontarci tra di noi, lavorando suddivisi in 12 villaggi tematici, per andare ad affrontare alcuni temi specifici, perché è dalla contaminazione che possono nascere le nuove idee.
Cosa si aspetta da questi tre giorni?
Essendo convinta che possa esserci un nuovo modo di fare impresa, più inclusivo e sostenibile, penso che questa chiamata riguardi i nostri territori, le nostre aziende e le filiere. I temi sul tavolo sono davvero tanti, mi aspetto di mettere delle priorità di lavoro dalle quali partire per guardare al futuro che ci aspetta.
Come agire poi per far sì che i temi sviluppati diventino delle prassi comuni a tutto il comparto economico?
Entra in gioco la responsabilità morale e personale del mondo dell’impresa: non dobbiamo chiuderci nelle nostre aziende ma aprire i cancelli, uscire e far parte della comunità, della società e della politica, per innescare un dialogo all’interno delle nostre città. Altrimenti rischiamo di fare dei bellissimi discorsi, senza però riuscire a portare questa bellezza e questa contaminazione al di fuori.
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