In una lunga lettera indirizzata alle autorità nazionali e trentine il Garante per i diritti dei minori della Provincia, Fabio Biasi, critica e invita “a ripensare con urgenza” l’obbligo di indossare la mascherina da parte di alunni e studenti nelle scuole anche quando si trovano nei banchi e in posizione statica.
“A prescindere da considerazioni circa gli effetti sulla salute fisica che l’uso prolungato delle mascherine comporta, ciò costituisce un’ulteriore limitazione, che – unitamente alle misure adottate in precedenza – incide pesantemente sul mondo dell’educazione e sul principio stesso dell’educare: appare come un’ulteriore applicazione esasperata del principio di precauzione sanitaria, con pressoché totale disconoscimento di tale principio per altri aspetti della salute, quale quello relativo all’equilibrio psichico ed alla qualità delle relazioni sociali”, scrive Biasi nella sua missiva rivolta, nell’ordine, al Presidente del Consiglio Conte, e ai ministri Speranza, Azzolina e Boccia, al Presidente della Provincia di Trento Fugatti, agli assessori provinciali Segnana e Bisesti, al Presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento Kaswalder, a Viviana Sbardella, Sovrintendente Scolastico della Provincia autonoma di Trento, e Roberto Ceccato, Dirigente del Dipartimento istruzione e cultura della PAT.
“L’introduzione delle misure di distanziamento sociale e dei dispositivi di sicurezza, che nascondono gran parte del volto degli interlocutori (insegnanti ed altri lavoratori, compagni di scuola) ha sollevato e solleva tuttora rilevanti questioni e importanti ricadute per lo sviluppo psico – sociale dei bambini e dei ragazzi, quali “adulti in divenire”. E’ stato autorevolmente sottolineato come il riconoscimento del volto costituisca una delle più importanti abilità dell’essere umano, poiché influenza la formazione dei legami relazionali con il prossimo”, prosegue Biasi, concludendo: “La scuola è purtroppo diventata il luogo degli annunci, dei vari provvedimenti spesso confliggenti tra loro, che hanno come unico risultato quello di essere moltiplicatori d’ansia, in una situazione che rischia ancora una volta di lasciare inascoltati i principali attori di questa realtà: le alunne e gli alunni”.
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