Da Trento molti mi chiedono come vivremo quest’anno in missione il mese di ottobre. Vorrei partire proprio dal tema scelto da Francesco per la Giornata missionaria 2020: ““Eccomi, manda me” (Is 6-8). Sono parole dette dal profeta Isaia, ripetute dal popolo ebraico, vissute in maniera unica da Gesù, e fatte proprie da tanti missionari che hanno accolto l’invito del Signore ad andare oltre, vivendo e annunciando il Vangelo. Sono parole che si addicono a ciascun battezzato, perché tutti siamo chiamati e inviati.
La comunità cristiane della diocesi di Kotido sono fortemente coscienti di dovere la loro fede ai missionari che hanno proclamato il Vangelo di Gesù Cristo con la predicazione, la vita e il servizio della carità.
Qui i primi missionari, fratelli, padri e suore, arrivarono soltanto nel 1949 quando la regione del Karamoja era ancora periferia sconosciuta della diocesi di Gulu. Gli adulti si ricordano ancora dei primi missionari dei quali portano i nomi, Arcangelo, Carlo, Silvia, Lucia, Guido, Augusto, Mario, Liliana, Antonietta… a ricordo di quanto da loro ricevuto, coloro che un giorno dissero “Eccomi, manda me” sono diventati le fondamenta di una giovane Chiesa che ripete oggi le stesse parole di Isaia “Eccomi Signore, manda me”. Questa piccolissima Chiesa con soli 34 religiosi e sacerdoti ne ha inviato ben 14 nel mondo: dal Centrafrica, all’Egitto fino alla lontana Papua Guinea.
Come ovunque nel mondo anche qui il Covid-19 ha portato incertezza, confusione e paura. Le misure prese per prevenirne, o meglio per rallentarne la diffusione, hanno fatto più danni della stessa malattia. Scuole e chiese chiuse, programmi di sviluppo e movimenti bloccati, hanno cambiato la vita di molti.
E’ aumentata la povertà, violati i diritti fondamentali dei bambini con molte bambine attorno ai 15 anni date forzatamente in moglie ad adulti secondo le tradizioni che erano state interrotte dal ruolo formativo della scuola. Anche le strutture governative faticano a funzionare e il senso di disordine e disinteresse si è diffuso ovunque. Il sistema sanitario è collassato prima ancora dell’arrivo del Covid-19 perché il colera si è diffuso più rapidamente e ha infettato oltre 300 villaggi. L’afta epizootica e la brucellosi hanno infettato il bestiame, impoverendo le famiglie dei pastori. La povertà ha aumentato l’insicurezza e i conflitti tribali dove ognuno, o almeno ogni gruppo, è tentato di salvarsi da solo.
E’ in questo contesto che la Parola “Eccomi, manda me” suona forte nel cuore di tante persone che han compreso che l’emergenza è il luogo della missione.
Tante volte è risuonato nelle nostre riunioni il messaggio di san Paolo VI pronunciato a Namugongo (Kampala) nel 1969, “Africani, siate missionari a voi stessi”. Questo tempo di pandemia è diventato il tempo opportuno per i cristiani di dire con coraggio e fede: “Eccomi Signore manda me” perché io sia missionario qui dove sono. Lo dicono, senza parole ma con la vita e la presenza costante, gli infermieri e le infermiere che fanno lo straordinario per curarsi dei malati di colera; lo dicono i catechisti che raggiungono famiglie e persone in luoghi remoti e insicuri; lo ripetono persone di gruppi di sostegno allo sviluppo mantenendo viva la speranza nelle loro comunità. Chi si ricorda gli anni difficili di Amin e della guerra civile degli anni Ottanta, ripete: come i missionari non se ne andarono nell’ora della crisi, anche noi restiamo al nostro posto continuando il nostro impegno per il bene comune in solidarietà con chi più soffre.
Come riusciremo a celebrare il mese missionario?
Padri, e catechisti hanno trovato soluzioni inedite per continuare la missione oggi con le chiese ancora ufficialmente chiuse. Si è ritornati all’incontri di villaggio; alla preghiera e catechesi sotto le piante, all’aperto dove il contagio ha meno presa. Gli animatori missionari ricordano che dalle Pontificie Opere Missionarie abbiamo ricevuto tanto ed ora è il nostro turno di dare del nostro, qualcosa che ci costa ma che ci fa essere in comunione con quella Chiesa in uscita che rinasce a vive in maniera sempre nuova là dove il dolore, la sofferenza, e l’abbandono sembrano vincere. Non so che cosa riusciremo a mandare al Papa come frutto della Giornata missionaria, ma quel che manderemo sarà il frutto della fede e generosità di questa gente. Finché c’è qualcuno che con coraggio e fede sa dire “Eccomi manda me” il bene si afferma e supera il male, il Signore continua a risorgere nella vita di molti.
Giuseppe Filippi*
*Vescovo trentino a Kotido (Uganda)
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