Zuelli, volle “libera” l’Università di Trento

Fulvio Zuelli. Foto (c) Gianni Zotta

gli spunti

“Fulvio era un uomo libero e vedeva l’Università come un’ istituzione libera. Tante volte mi disse: “ Mi raccomando Daria, l’Università deve restare libera, autonoma. Era la sua grande preoccupazione.”

Daria de Pretis

Giudice costituzionale

Rettrice dell’Università di Trento 2013-2014

Dopo la grande crescita dell’Università Zuelli ne ha seguito la trasformazione. L’ha messa sui binari che l’hanno condotta fin qui.

Paolo Collini

Rettore dell’Università

La scomparsa del professor Fulvio Zuelli, a soli 79 anni, dopo una vita accademica intensa sotto il profilo degli studi, dell’insegnamento e delle relazioni umane (ché questo è l’Università) ha destato un sentito cordoglio a Trento, dove è stato docente e poi rettore (dal 1990 al 1996, presidente dell’Opera universitaria dal 1997 al 2014) a Reggio Emilia dove era nato, ed a Bologna, l’Alma Mater presso la quale aveva iniziato la sua carriera scientifica nel Diritto Pubblico.

Zuelli era uno studioso meticoloso (era affascinante seguirlo nella preparazione degli “Statuti” di enti ed associazioni, in cui veniva riconosciuto come maestro) ma soprattutto un uomo gentile, educato, cosa non frequente anche ai massimi livelli istituzionali. Sapeva che la vita si costruisce donando più che prendendo. In questo senso Zuelli esprimeva, nella quotidianità, uno stile di relazioni oggi sempre più rimpianto: e basti pensare al tavolo della sua cena serale, al vecchio Orso Grigio, solitaria, ma che egli sapeva trasformare in un autentico cenacolo, uno “Stammtisch” dove gli avventori e gli amici si fermavano a salutarlo, a interrogarlo, a commentare i problemi dell’università e della città.

Perché Zuelli non era solo “un” docente a Trento, era un professore che aveva “scelto” Trento per diventarne cittadino. Non a caso volle abitare anche negli ultimi anni, quando era già ammalato, il “cuore” della città, fra piazza Pasi e piazza Duomo, a due passi dall’ateneo. Dopo le lezioni studenti e colleghi potevano fermarsi un attimo, salire, salutarlo.

Zuelli era uno di quegli uomini e donne ai quali Trento deve la crescita della sua identità moderna, la riscoperta di un ruolo non solo nazionale, ma europeo. Uno di quegli uomini venuti da esperienze e provenienze diverse ai quali il Trentino deve gratitudine, forse più ancora che ai residenti per nascita e per famiglia. Trento, nella storia ha sempre avuto questa capacità di attrazione, abbastanza singolare per un piccola realtà, ma ancor più l’ha avuta dopo l’avvio dell’ateneo … la fortuna di essere sostenuta da persone di altissima qualità che l’hanno prescelta non per convenienza o interesse, ma perché attratti dalle potenzialità di esperienze sociali e umane che il territorio consente (la Cooperazione …) dal suo “mix” fra storia e natura, dal suo essere laboratorio di pacificazione fra minoranze. Bisognerà scriverle, una volta, le storie di chi, senza essere di origine trentina “ha fatto “ il Trentino, e basti ricordare, per tutti Paolo Prodi.

Zuelli va considerato fra questi. Non era solo un uomo gentile. Non pensava solo agli studenti e al loro benessere, ma li vedeva (e li voleva) inseriti in un più ampio progetto di cultura e territorio. Sanbapolis non voleva essere solo un pensionato studentesco, ma diventare un luogo capace di consentire che gli studenti non solo di paesi diversi, ma di valli diverse (la cosa più difficile!) potessero conoscersi e incontrarsi, senza risalire a casa da pendolari solitari ogni sera. Zuelli poi, sapeva mediare, certo, ma non era un buonista. Il suo sorriso nascondeva un agguerrito realismo, tanto che il suo merito maggiore è stato quello di aver salvato l’ Università di Trento, piccola e ancora fragile, dalla valanga politica degli anni Novanta, con i sommovimenti europei (riunificazione della Germania, ma contemporanea dissoluzione – voluta – della Jugoslavia), tangentopoli, fine dei grandi partiti, assalto alla cosa pubblica, con le “privatizzazioni”. Questo anche nel Trentino.

Il rettorato di Fabio Ferrari (un altro grande “esterno” che ha costruito il Trentino) aveva promosso il “campus urbano” sui poli città-collina via Verdi – Povo, respingendo le pressioni degli immobiliaristi che volevano lo sviluppo universitario a Trento Nord, per poter sfruttare le aree che si rendevano disponibili. Di fatto ne sarebbe derivato un ghetto giovanile. Nel 1991 (Zuelli era stato eletto rettore nel 1990) moriva Bruno Kessler ed anche l’Università (con l’Itc, poi saccheggiato e in parte svuotato della sua immagine) veniva a trovarsi quasi orfana. Fu Zuelli a tenere l’Università libera da interessi rapaci, fuori dagli intrighi politici di chi voleva controllarla, asservirla o ridimensionarla. La città non è mai stata “contro” l’Università (e basta leggere l’”Alto Adige” di Luigino Mattei degli anni Settanta per capirlo), c’è sempre stato invece (e in parte c’è ancora ) un partito anti-università (trasversale e fortunatamente minoritario) che non intende valorizzarla, ma piuttosto piegarla a interessi economici o populistici. Senza l’Università, in quegli anni anche la Fondazione Caritro sarebbe diventata terreno di scorrerie.

Di questo Trento deve essere soprattutto grata a Zuelli, come ha ricordato, con parole vere, Daria de Pretis. L’Autonomia non può diventare il pretesto per “controllare” l’Università, in una società sempre più lacerata un’Autonomia si regge solo se sostiene un’Università libera nei suoi studi, nella sua ricerca, nella sua promozione di rapporti umani. Questa è stata la lezione del professor Zuelli.

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